Tutto questo però a Adriana non interessava, le bastava essere guardata e essere quasi in muta adorazione da parte mia e naturalmente dal cameriere che ci ronzava attorno quasi avesse intuito qualche cosa di strano. A quel punto esordì con una delle sue frasi che non mi sarei mai aspettato:
“ Ora il mio maritino si tira fuori il cazzo dai pantaloni e me lo strofina sul cuoio della scarpa, sai sono impolverate, devi lasciare una scia bella lucida”
Cercai di ribattere in qualche maniera, ma a lei non interessava, mi voleva suo schiavo e ci stava riuscendo perfettamente. Come un automa tirai fuori la punta del cazzo e la strofinai su quelle scarpe nero lucido. Lei si accorse e mimò con la bocca un bacio chiamandomi:
“Tesoro, sei un amore so che tutto questo piace anche a te, ci serve per ravvivare la nostra serata e poi melo dici sempre che non ho molta fantasia e che alle volte la dovrei tirare fuori ”
Una parola, chiamare “fantasia” ma quella era una esibizione bella e buona, la fantasia con i giochi che avevamo fatto fino a quel momento era scomparsa, volatilizzata per lasciare spazio a una realtà completamente diversa che non mi sarei mai aspettato. In quella follia ci eravamo buttati a piedi uniti tutti e due. E con quelle ultime parole sorseggiò quel vinello fresco che ci avevano portato con aria da intenditrice….Io nel mentre… si lo confesso, gli stavo pulendo le scarpe con la punta del mio cazzo e giuro se mi avessero raccontato una cosa simile avrei detto che era una balla. Sorseggiava e naturalmente con la lingua passò una e più volte sul bordo del bicchiere tanto per mantenermi su di giri. Poi bevve tutto d’un fiato. Tolse il piede da quella posizione in cui si trovava e giratasi si guardò la scarpa:
“ Sai caro, lucidi molto bene, naturalmente gli ultimi ritocchi li farai con la tua lingua”
Il finale della frase lo disse ridendo mentre io ero li, e non lo saprò mai se la mia espressione era un aria da ebete o con una di voglia a luci rosse di sbatterla sul tavolo fregandomi dei presenti. Comunque se dio vuole la cena finì, quella cena per me si era trasformata quasi in una tortura, avevo il cazzo nuovamente teso e dolorante. La cura che mi stava facendo, lo dovevo riconoscere era fuori dal comune e faceva il suo effetto. Quel vestito rosso dalla scollatura prorompente mi calamitava e faceva tirare gli occhi anche al cameriere che ci girava attorno. Quando fummo alla fine lei chiese un dolce, per me bastava solo un caffè; lei si era girata, aveva la schiena appoggiata al muro; il tavolo era un tavolo per due addossato alla parete : e quando giunse il cameriere con le ultime nostre richieste assieme al conto mi accorsi che doveva mostrare bene le gambe vista l’occhiata che gli dette. Un vestito corto, terribilmente aderente e stando in quella posizione tutto era ben in vista . Mia moglie e non solo a detta mia ma anche di sue amiche il che è tutto dire ha due magnifiche gambe lunghe. Accennai della posizione che aveva assunto vista la faccia del ragazzo che ci aveva portato il conto, lo dissi quasi ridendo:
“ Devi avere le gambe ben scoperte vista la posizione che hai assunto, il cameriere è impallidito”
Lei non si scompose e fissandomi con aria da cospiratrice :
“ Il maschietto non ha visto solo le mie gambe, il vestito è ben risalito e in bagno non mi sono rimessa il perizoma che avevo in borsetta, non porto intimo, il giovane oltre alle gambe deve aver intravisto la mia figa….non sei contento?”
Queste sue ultime parole mi fecero andare quasi di traverso l’amaro che mi stavo bevendo. Non potevo dire niente, se avessi solo aggiunto qualche cosa di piccante, una frase in più lei avrebbe preso la palla al balzo per amplificarla naturalmente verso il sesso”
Così alla fine fummo sulla diga, una passeggiata per calmare i bollori e smaltire anche il bianco che si era sposato divinamente con quel piatto a base di pesce. Il Tokay mi aveva un po’ tagliato le gambe, ma tutto sommato mi sentivo bene. Con tutte le manovre fatte a tavola l’eccitazione tra noi due regnava sovrana e la cappa di afa di quelle ultime giornate di agosto rendeva l’aria quasi irrespirabile. E considerando l’eccitazione che regnava tra di noi non potei fare ameno di farle una domanda degna di un masochista considerando quella gelosia che mi stava rodendo . La domanda, quella maledettissima domanda glie la feci ancora quando eravamo seduti in ristorante.
“ Che effetto ti ha fatto sapere che il cameriere ti guardava le gambe e la figa?”
Volevo una risposta a costo di rimanere secco dalla gelosia, e lei da quella gatta che aveva dimostrato di essere….forse il termine più giusto sarebbe stato pantera….
Non mi rispose subito, si alzò in piedi con un sorrisetto strano che non faceva presagire niente di buono per le mie coronarie….
”Ti racconterò tutto passeggiando sulla diga , ormai l’ora è tarda e non troveremo molta gente”
E così dicendo mi prese sottobraccio e ci avviammo verso l’uscita del locale. Pagai il conto, ora eravamo fuori. Il vestito rosso, quel tubino che le stava aderente come una seconda pelle metteva in risalto la sua bella figura e….si lo posso dire a quel punto iniziò il mio calvario, non sapevo di essere masochista fino a voler sentire la risposta ma c’è sempre una prima volta.
” Non so come si possa definire, ma il mostrarmi provoca in me una forma di eccitazione e voglia che non avevo mai avuto ne mi era mai capitata. Sentire lo sguardo del maschio che cerca di spogliarmi ancora di più oltre a quello che ho ben in mostra. Pensare in quel momento che il suo cazzo sta diventando duro di voglia perché vuole entrare nel mio corpo è una cosa indescrivibile, il cazzo che diventa duro mentre sul suo meato si formano quelle goccioline bianche che servono a lubrificare la mia figa…..”
E con queste parole a Adriana partì un colpo basso che segnava definitivamente la mia capitolazione…lei continuò a parlare…..
“Cerca di immaginarti un cazzo robusto che mi entra in figa mentre tu lo guardi. In quel momento ti vorrei con la faccia a pochi centimetri da lui…oppure sai a che cosa ho pensato ? La tua lingua che prepara la mia figa per il cazzo di un altro”
Ero tramortito e mentre mi raccontava tutto questo si passava le dita sul bordo della scollatura fino ad entrare in essa quasi cercando di accarezzarsi i capezzoli e poi sbuffando un “sii” sotto voce ….
“ E’ ora che prendano aria chi vuoi che si accorga che li abbia fuori”
Ne fece uscire le punte e una parte dell’aureola. Follia, mia moglie Adriana in pubblico quasi con le tette fuori e come se non bastasse quel maledetto vestito facendo gli scalini per salire sulla diga le era risalito in maniera vertiginosa: dietro lo aveva filo natica per non parlare della parte avanti perché se allungava il passo faceva apparire la sua farfalla. Praticamente sotto la luce fioca dei lampioni che illuminavano la passeggiata aveva tutto in mostra. Io non ce la facevo più, voglia di prenderla di nuovo, masochismo perverso dato dal voler sapere che cosa provava era una cosa che mi stava facendo uscire di testa….e poi sulla passeggiata della diga era praticamente nuda l’essenziale della sua femminilità lo aveva in bella mostra. Per fortuna i lampioni avevano luci tenui e vista l’ora non c’era quasi nessuno, eravamo stati gli ultimi a lasciare il locale. I passanti erano radi e solo una coppia si accorse della tenuta non troppo consona della mia compagna. L’attimo di accorgersi vedendo le loro facce perplesse; lei intuiva che si sarebbero girati e così la mia signora ebbe un colpo da maestro degno della più scafata delle esibizioniste perché si piegò a raccogliere una cosa mantenendo le gambe ritte in quella maniera non portando intimo mostrò alla coppia che si era girata a guardarci il culo e parte della sua figa …
” Contento? Piaciuta l’esibizione? ….Sono sicura che con la cura che ti ho fatto in ristorante e per l’idea che ho avuto ora hai ancora di più il cazzo in tiro”
Aveva ragione il mio cazzo non chiedeva altro che di poter uscire chiuso come era nei miei pantaloni; vedere le nudità di Adriana mi eccitava da matti e nello stesso tempo mi saliva una sorta di gelosia mista a masochismo che ormai segnava allarme rosso come la lancetta di una pentola a pressione.. Così come preso da un raptus la trascinai giù dalla diga…durante quei pochi scalini per arrivare al posteggio dove avevamo lasciato la macchina. Lei mi prese in giro…
” Oh finalmente il mio torello si è risvegliato e a quanto pare ha voglia, sono sicura che la cosa che ha tra le gambe è ben tesa pronta per l’uso”
Ma questo fu solo l’inizio perché si girò di scatto verso di me allungando la mano….
“ Hai una puttana per le mani, ora paghi, si caro sono solo cinquanta euro per il culo, sicuramente ricorderai che ti ho detto di averlo ancora un po’ stretto?”
Così senza battere ciglio presi dal portafoglio un biglietto da cinquanta e glie lo diedi in mano . Quel gioco fatto tra noi due mi stava affascinando e lei per tutta risposta quando ebbe il biglietto in mano si infilò i soldi nella parte alta delle calza autoreggente: naturalmente lo fece in maniera plateale in modo che potessi ben vedere la sua figa esposta all’aria. Non ce la feci e allungai la mano, la palpai fono a infilarle un dito…Rise, una risata argentina…
“ Quanta irruenza anche la tua cagna è eccitata, senti come è bagnata”
Oscena, fradicia mi faceva impazzire, sculettando ormai con la gonna tirata su in modo che io la vedessi bene si appoggiò a un albero piegandosi….
“ Spicciati, ho altri clienti, hai pagato per mettermelo nel culo ma questa sera mi sento in vena di dispensare regali, culo e poi la figa, sempre che rimanga duro il tuo bel cazzo.”
Ero un cliente, mi paragonava a un cliente e non ci vidi più.
CONTINUA