Arrivai a casa e la fantasia tornò nei miei pensieri collocandomi nuda davanti a estranei. Persone invitate di cui non riconosco i volti, tutti vestiti in maniera ricercata, vedo anche un paio di donne presenti, ma solo io, solo io ero vestita come mi era stato ordinato. Pensieri, incubi, fantasie che mi continuarono a tormentare mentre…circondata da quegli uomini vestiti di nero, sentivo l’odore del tabacco miscelato a profumi e percepivo mani che scivolavano sul mio corpo quasi a soppesarmi, mi sentivano e lentamente ecco che mi trovai in ginocchio come ad un controllo.
Quel vecchio fece scorrere la sua mano sul mio corpo come per saggiarne la consistenza e disse:
“Una professoressa dicevi vero? Bravo, hai trovato una femmina buona, è adatta all’accoppiamento, sicuramente una bella vacca da latte e da monta”
Entrò con un dito nella mia bocca e poi l’ordine:
”Ora succhia troia, vediamo come lo fai…..”
In quella fantasia lo feci con dovizia, la mia lingua roteò attorno a quell’indice che mi forzava quasi fosse un cazzo, un cazzo grosso con le vene in rilievo pronto a esplodere nella mia bocca. Volevo sentire il suo seme caldo, lo spruzzo rimbalzare sul mio palato, essere riempita, sentire la sua sborra che mi colava fuori dalle labbra e i filamenti che si andavano a perdere sulle mi microscopiche tette scivolando dal mento e facendomi sentire puttana. La voglia di essere presa, soppesata, appesa e sbattuta senza requie, umiliata, esibita, costretta… Questi erano i pensieri che una volta a casa continuarono a turbinarmi in testa, ma la bambina, le correzioni delle verifiche, la cena da preparare…distolsero la mia attenzione.
L’indomani volò, le lancette sembravano correre velocissime e la professoressa si trovò alle 16, davanti allo specchio, si guardava attentamente, lui, quel vecchio, le aveva detto che aveva delle gambe splendide…il cassetto semi aperto mostrava i suoi capi di intimo, li prese in mano per un momento, ma poi……poi no. Prese un push up e indosso sopra una maglietta aderente: il seno compresso sotto il reggiseno e i capezzoli che battevano duri ed eretti come mai le era successo, poi infilò rapidamente un paio di autoreggenti e gonna e giacca. Per ultimo un paio di sandali dal tacco bello alto. Nell’insieme Eliana era proprio una bella donna, si piaceva. Fino a qualche giorno prima non le sarebbe minimamente passata per la testa una cosa simile, ed ora stava camminando senza slip per Milano, andando a un appuntamento con uno sconosciuto, temendo che la gente, potesse accorgersi di qualcosa e allo stesso tempo eccitata come mai prima d’ora.
Lo doveva riconoscere, era eccitata come non mai, camminare per Milano senza intimo le faceva un certo effetto le sembrava che tutti i passanti sapessero che sotto lei non portava niente, e con suo grande imbarazzo era letteralmente un lago, era eccitata moltissimo: la paura che le autoreggenti che indossava si intravedessero o che la gonna si sollevasse mostrando sicuramente tutto il resto la imbarazzava.
Ma ormai era li, il percorso dell’autobus fino in centro fatto senza la sua bambina, con una scusa l’aveva lasciata dalla nonna e aveva tutto il pomeriggio libero. Finite le lezioni era corsa a casa per cambiarsi ed ora, ormai lontana da casa, si accorse che in quegli ultimi giorni di settembre, minacciava pioggia, dei nuvoloni scuri rotolavano in cielo e lei era senza ombrello e in più portava delle decolleté con tacco abbastanza alto…. Dopo aver percorso in metropolitana il tragitto che la separava da piazza Duomo, fece una breve sosta alla libreria Mondadori. Non si decideva, aveva come paura, sapeva che si stava per cacciare in un guaio, ma il desiderio di provare era più forte di lei e così dopo poco fu in Galleria. Il bar dove li aveva incontrati e dove c’era stato quell’ordine che lui le aveva dato aveva dato. I soliti turisti, ma lui non c’era. Ne ebbe quasi un sollievo, ma all’improvviso sentì una voce alle sue spalle…
” Professoressa, sono davvero felice sia venuta. Vedo che non ha la bimba con sé e mi auguro sia venuta come le avevo proposto…”
A quelle parole Eliana ebbe come un attimo di stizza: lui ora diceva che aveva fatto una proposta, mentre se lo ricordava quell’ordine: era un ordine vero, forte e affatto una proposta a cui lei, quasi da automa, come ipnotizzata aveva obbedito. Si girò di scatto, lui era li, non era altissimo, indossava un abito scuro e ai piedi un paio di scarpe nere così lucide che ci si poteva specchiare. La osservava con un leggero sorriso mentre con un atto di galanteria la prese sotto braccio. Ora poteva sentirne il profumo muschiato che si sposava perfettamente con quella barba dal pizzo bianco.
”Professoressa, sicuramente è vestita come piace a me, ma avremo tempo di controllare, …. ora andiamo a fare un paio di compere: bisogna valorizzare quelle gambe e tutta la sua figura; se giro con una donna, la gente che mi incrocia deve essere invidiosa della sua bellezza e lei non deve essere da meno e in più sta per piovere e credo che lei abbia bisogno di un paio di scarpe se non vuole finire a mollo con quelle…”
Erano parole che la facevano sentire come una regina, ma che allo stesso tempo la mettevano in imbarazzo Aveva subito pensato che per le scarpe, per provarle, avrebbe dovuto sedersi e, insomma, si sarebbe visto tutto. Tutto sommato però lui non era quell’orco che la sua mente aveva idealizzato, così si spostarono e senza volere lo seguì. Era come ipnotizzata, credeva di andare in un negozio con vetrine e, invece enrarono in una casa del centro dal portone massiccio. Un leggero batticuore per l’emozione e poi furono dentro: un ambiente tranquillo giocato sui colori scuri color tabacco, da fuori il rumore del traffico arrivava attutito e a loro si fece avanti una signora sui quaranta, una crocchia d’altri tempi le ornava capelli scurissimi e un trucco forse le induriva i lineamenti.Un vestito scuro aderente in una maniera incredibile copriva un corpo scattante modellato dalla palestra e dal pilates. Era rigida, su scarpe dal tacco cattivo, ma li accolse con un sorriso, segno che lui la conosceva bene e nello stesso tempo diede un occhiata a lei, come per soppesarla e capire che cosa le potesse andare bene, poi quel vecchio con estrema naturalezza….
”Un paio di scarpe per la mia conoscente e un impermeabile, fuori sta piovendo e non è il caso di farla uscire così”.
Mi sentivo imbarazzata, ma l’imbarazzo diventò devastante quando disse:
“Su professoressa veda di dare il numero per le scarpe e si sieda li”
Mi venne un colpo, la poltroncina era bassa, e la gonna sarebbe risalita in maniera oscena lasciandomi scoperta l’attaccatura delle calze, lui lo capiva perfettamente e
“ Così vedremo se mi ha obbedito fino in fondo, le ho detto di venire senza slip e mi aspetto che abbia eseguito”…
CONTINUA