La sua figa si trovava a mezzo metro dai suoi occhi, quasi posta in primo piano. Le scarpe che teneva in mano erano decolté con il tacco da dodici se non più alto; in quelle scarpe lei infilò il piede costringendo la caviglia quasi in una posizione innaturale per calzarle quasi alla perfezione. Ora le aveva tutte e due e la facemmo mettere in piedi non senza qualche difficoltà. Era tesa, si guardò i piedi , non sapeva come comportarsi, lo specchio di quella stanza la faceva vedere in maniera perfetta. Era una festa per gli occhi, me la stavo gustando, le feci fare qualche passo, nel frattempo mi avevano portato l’impermeabile ei suoi vestiti erano scomparsi, messi dentro una capace busta di carta con le maniglie. E vedendo quella borsa già preparata lei capì. Sarebbe dovuta uscire in quello stato, con me esclusivamente vestita solo con l’impermeabile, non le sarebbe servito molto visto il posto dive avevo intenzione di portarla, ma volevo gustarmi il dopo, il dopo era il gioco più bello. Scosse la testa con un diniego, segno che non ce la faceva, ma bastava insistere, la voglia era scritta sui suoi occhi, si vedeva chiaramente che per lei tutte quelle cose erano nuove e stava cercando di capire che cosa volessi da lei ancora.
Si guardò ancora una volta allo specchio; nonostante quella situazione assurda si piaceva e ne era terribilmente eccitata. Aveva fatto un pompino con l’ingoio, era come stremata…..Il suo corpo era riflesso e vedeva l’immagine di una bella donna con quella pancetta che la faceva sembrare incinta di 3 mesi pur non essendolo…quante volte tra la gente le era capitato le venisse fatta la fatidica domanda…ma era solo pancia, una pancetta che aveva sempre cercato di nascondere e che invece ora era lì insieme a tutto il resto in mostra per tutti. Distolse gli occhi dalla sua immagine e guardò lui che era ancora seduto in poltrona. La stanza era silenziosa, solo il rumore del traffico attutito dalle finestre chiuse e della pioggia che picchiettava sui vetri. Lui la guardò ancora e poi rivolgendosi alla donna che doveva essere la titolare di quella specie di negozio
”Un bustino per la mia ospite, solo un bustino senza le coppe, la voglio con la vita stretta, le farà risaltare il culo e la figa e la costringerà a stare ben diritta”
Usò i termini culo e figa rimarcando le parole e Eliana si sentì per un momento un oggetto nelle sue mani. Apparve così il bustino che le fu stretto in vita; non era altro che una striscia di cuoio nero che si chiudeva sulla sua schiena con delle cinghie, non c’erano i classici lacci da bustino, ma cinghie quasi da camicia di forza e il tutto era dello stesso colore delle sue scarpe. A Eliana mancò il respiro, lui ordinò di stringere il più possibile. Il ragazzo, quello che le aveva palpato a lungo la figa la guardava quasi estasiato, le aveva anche succhiato le dita dopo che erano entrate in lei. Lui sapeva, aveva toccato con mano che la donna era eccitata come un animale in calore e…se lui aveva voglia la voglia era anche per lei la stessa. Di tutto questo lui si accorse e allora quasi con un aria sadica rivolgendosi alla titolare del negozio che in quel momento guardava Eliana come una sua creazione visto che i pochi capi di abbigliamento che in quel momento indossava erano suoi disse:
“Cara, allarga la figa della professoressa da dietro così che il nostro giovane se la può leccare, mi sto accorgendo che il ragazzo sta crepando dalla voglia…e tu…..”
Rivolto al ragazzo…. “Parti dalle scarpe su, so che sei anche un feticista”.
Fu un attimo, la donna si inginocchiò dietro a Eliana che in quel momento era in piedi, portò le mani davanti attorno ai fianchi, mentre la faccia le sfiorava le natiche, quelle mani, accarezzarono per un momento la sua peluria tra le cosce e le dita le andarono a cercare le grandi labbra, fu un movimento lento, che le andava a provocare brividi su brividi. La titolare assaporava il suo corpo e indugiava lentamente. Poi una volta che le dita trovarono la sua figa fu tutto un susseguirsi, la forzarono lentamente facendola fremere perché sapeva che cosa sarebbe successo dopo, era la prima volta che una donna la toccava in quella maniera e lo doveva riconoscere era un esperta. Eliana barcollò un momento, era in equilibrio precario su quei tacchi e si sentì quasi venir mano, ma non era finita, perché anche il ragazzo fu ai suoi piedi e in quella posizione abbassò la testa per andarle a leccare le scarpe. La lingua scivolò sul cuoio della tomaia, per poi risalire con una lentezza estenuante lungo la sua gamba. La professoressa non sapeva più dove guardare, sentiva gli occhi di lui che quasi la stavano accarezzando perché stava eseguendo tutto quello che lui voleva, se ne sarebbe potuta andare, invece era li e la stavano leccando. Poi la lingua ormai alla fine della sua corsa iniziò a leccarle la figa che l’altra donna teneva aperta, quasi spalancata con le dita.
E Eliana quasi sopra pensiero per fare in modo che quelle sensazioni aumentassero allargò lentamente le gambe per aprirsi, per permettere al ragazzo di leccarla più a fondo. E mentre tutto questo succedeva anche la donna, che era inginocchiata dietro di lei, se un momento prima aveva giocato con la sua figa usando le dita, iniziò ora a lambirle le natiche con la lingua. Il suo culo era spinto in fuori da quel bustino che la comprimeva in maniera esagerata e quella lingua ora iniziò a scendere lungo il suo taglio posteriore per andarle a stuzzicare il culo. Eliana era così tra due fuochi quando improvvisamente lui usci con un ordine….: “Professoressa se la goda, la stanno leccando dove lei vuole, su, avanti goda è un ordine”…
Queste erano le sue parole e a quell’ordine tutte le sensazioni che stava ricevendo si amplificarono provocandole un orgasmo formidabile. Partì dal suo ventre un calore che non aveva mai provato, i suoi capezzoli si indurirono ancora di più. Piacere solo piacere, chiuse gli occhi mentre un sospiro roco le uscì dalla bocca. Si sentì venir meno e tutto iniziò a girare attorno a lei. Stava svenendo, lo sapeva sveniva, per quella forma di piacere nuovo dato dalla sottomissione a lui che in quel momento stava giocando con il suo corpo e con le sue sensazioni. Ora il buio la stava travolgendo, si accorse che stava scivolando sul pavimento mentre le due persone che le avevano fatto assaporare quelle sensazioni si spostavano per lasciarla andare. Quando si riebbe, era li nuda, vestita solo delle cose che lui le aveva concesso: un bustino senza coppe, autoreggenti e dei tacchi alti. Gli altri erano in piedi e la guardavano, loro erano i vincitori e ora qualunque cosa lui le avesse chiesto lei lo sapeva, l’avrebbe eseguita come un cane esegue gli ordini del suo padrone. La fecero alzare, tremante, fuori stava infuriando un acquazzone di fine stagione, un impermeabile era sulla sedia e dopo averle dato da bere un bicchier d’acqua che, lo doveva riconoscere, aveva un sapore strano, aspettarono un attimo in modo che si riprendesse e poi… lui infilò il suo impermeabile e, preso il sacchetto di carta dove avevano messo gli abiti di lei, si avviò verso l’uscita. Lui era tranquillo, sembrava che non fosse successo niente, mentre lei aveva ancora dentro il fuoco e la voglia per quella forma di sesso strano che le avevano fatto fare. Non aveva avuto la penetrazione, loro avevano giocato con il suo corpo e le avevano dato piacere. Si sentiva impacciata, prese quell’impermeabile dalla sedia, quasi una giacca lunga che si andava a fermare venti centimetri sopra le sue ginocchia. Era terrorizzata, per le autoreggenti in caso fossero scese, e per l’intimo che non portava eccetto per quel malefico bustino che le faceva quasi mancare il respiro e che la faceva stare diritta, tesa e con il suo microseno sollevato e all’infuori. L’impermeabile era relativamente corto, i bottoni finivano molto prima così che ad ogni passo metteva in mostra uno spacco formidabile. Si strinse il più possibile la cintura in vita, ma lo sapeva che era un battaglia persa in partenza, le sue gambe erano spudoratamente in mostra. Così una volta usciti si trovarono sotto una pioggia battente, I passanti per fortuna erano pochi e lei si aggrappò subito al suo braccio quasi per farsi sorreggere, vista l’altezza dei tacchi che aveva…
“Dovrei andare a casa, credo di essere in ritardo, sa ho una bambina piccola e mi trovo in questo stato” Lui rise, e rivolgendosi a lei “Lo so, ma è ancora questione di poco, non si preoccupi professoressa, ora la porto in un posto che alla lunga conoscerai molto bene, è una vineria qui vicino, molto caratteristica, è frequentata da alcuni amici piuttosto eccentrici, ma vedrai che ti troverai bene”. Eliana prese paura, se lui definiva le persone che avrebbero incontrato eccentriche, lui che viveva in quel modo, per il quale erano normali le cose successe al negozio, come potevano essere quegli amici? Fu questione di poco, lei cercò di aderire il più possibile a lui per riparasi sotto l’ombrello. Visti dai passanti erano in quel momento una coppia strana. Una bella donna, non alta, vero, ma ancora bella e con le gambe magnificamente in mostra a braccio di un vecchio con la barba bianca che sarebbe potuto essere suo padre. Una signora li guardò quasi con disprezzo, si accorse che lo sguardo della donna era caduto sulle sue gambe mentre faceva il passo e…il ricamo dell’autoreggente si vedeva, eccome se si vedeva…..Ora però erano arrivati, un androne di una casa della vecchia Milano con i poggioli. E in fondo la porta di un’osteria con tanto di lampada. Si avviarono li. Una persona era seduta su una sedia fuori, riparata dalla pioggia dalla terrazza. Un vecchio ubriacone con un calice di rosso in una mano e la sigaretta nell’altra. Li osservò a lungo mentre arrivavano e poi salutò lui. Così furono dentro.