A casa finalmente a casa dopo aver girato la chiave ed aver aperto la porta come una furia si spogliò in corridoio, e vestita di sole autoreggenti e scarpe si fiondò in bagno. Ora si voleva fare una doccia vivificatrice, voleva in cuor suo togliersi tutto lo sporco che aveva addosso, ma era sporco solo nella sua testa. Si era comportata come una cagna, a quattro zampe era stata nuda sul pavimento per andare da lui, per avere il suo cazzo in bocca e dargli piacere…
Scarpe e calze volarono via e una volta aperto il getto, aspettando che l’acqua si riscaldasse si sedette sul water e fece una lunga pisciata. Si toccò senza volere ancora la figa, la sua figa, si accorse in quel momento che aveva ancora una voglia pazza. Si, si era masturbata, l’avevano masturbata ma ora nella sua testa voleva cazzi, si vergognava ma non ne poteva fare a meno. Raggiunse così la doccia …..un getto tiepido sul suo corpo l’accarezzò e per assaporare l’acqua che scivolava su di lei si accovacciò e così la lasciò scorrere. Chiuse gli occhi…. gocce rimbalzavano sul suo petto, rigagnoli tra i suoi seni, i capelli le si appiccicavano alla fronte, aveva il volto bagnato, respirava lentamente rilasciandosi…. Schiuma, dolcissima e profumata schiuma, se la passò lentamente tutto il corpo. Si accorse che le gambe non la sorreggevano ancora, erano state troppe le sensazioni per quella giornata. Non capiva eppure aveva passeggiato praticamente nuda per Milano…… Aveva visto il letto di quella puttana e si era immaginata lei su quel letto, nuda, nell’attesa spasmodica del cliente di turno che l’avrebbe chiavata.
No, non era possibile che cose del genere le passassero per la testa. Lei, professoressa e madre di famiglia farsi sbattere da estranei: eppure nella sua testa aveva visto tutto e un paio di ore prima era stata cagna intenta a succhiare un cazzo.
Il pomeriggio era finito e quel pomeriggio aveva scombussolato la sua vita . Ora che cosa sarebbe successo? Si accorse che senza volere si era accucciata nuovamente sotto il getto della doccia ed era li intenta a toccarsi. Le sue dita piene di schiuma scivolavano tra le sue grandi labbra per dividerle per poi entrare dentro di lei fino in fondo. Le muoveva, le faceva entrare e uscire era persa in quel movimento. Si accorse che letteralmente si apriva, accucciata con le ginocchia ben allargate in modo di essere libera. Si fece schifo, quasi stizzita si alzò in piedi e dopo essersi asciugata si rivestì di tutto punto, doveva andare a prendere sua figlia al nido che avrebbe chiuso di li a poco. Così si trovò nuovamente a camminare per Milano, riprendeva a fare la mamma inappuntabile, mamma dalla doppia vita. Ferma al semaforo si sentiva guardata, quasi che tutti sapessero che cosa aveva fatto. Erano paure solo nella sua testa, si vergognava, non lo sapeva neanche lei e nello stesso tempo si sentiva ancora eccitata. Fu così al nido, dove recuperò il suo capolavoro come la chiamava e dopo la solita chiacchierata con la maestra, eccola di nuovo fuori. Le sembrava di respirare meglio, voleva chiudere quell’avventura che aveva avuto, un colpo di testa. Basta, basta era convinta che tutto quello che aveva passato diventasse un capitolo chiuso, una sbandata e niente altro, cose simili non le poteva fare.
Tempo che passava, quella folle avventura lentamente cadde nel dimenticatoio, si, lo doveva riconoscere, era stata una botta di vita e….Anche a scuola fece la gnorri con la sua collega che cercava di informarsi su che cosa era successo. Lasciò cadere tutte le sue domande, sicuramente lo sapeva che cos’era successo ma lei non le dette corda. Così il solito, casa, lavoro, la bambina, i nonni l’asilo il marito che le dava tutto il suo amore sicuro di essere un amante perfetto. Ma a quel punto forse le mancava qualche cosa, essere trattata come una cagna o come un oggetto di piacere e così un bel giorno……. La scuola era iniziata da tanto e si avvicinava la fine di novembre. Mentre era in aula durante una lezione sentì il vibram del telefono. Sul primo momento ne fu scocciata e poi tra un ora e l’altra nella pausa della ricreazione guardò il numero che l’aveva chiamata. Non era registrato nella sua agenda, era un numero sconosciuto. Un brivido, pensieri, la faccia di quel vecchio la sua voce comparvero nuovamente nei suoi pensieri o forse era semplicemente una persona che aveva sbagliato numero così rispose. E dall’altra parte del filo la sua voce, la voce di lui del vecchio. Una leggera risata, un paio di convenevoli e poi…
” Buona sera professoressa è molto tempo che non ci sentiamo cosa dice di quattro chiacchiere, ci sono dei miei amici, una festicciola , fuori Milano niente di speciale, quando arriverà a casa troverà un ordine in una busta a lei indirizzata”
Non voleva crederci, non poteva crederci, sapeva dove abitava, l’aveva seguita o fatta seguire, e aveva aspettato che lei se ne andasse per infilarle o far infilare la busta sotto la porta. Doveva dire a suo marito che qualcuno la stava minacciando? No, lo avrebbe messo sul chi va là, doveva inventarsi qualcosa di diverso. Le ore di lezione successive furono una sofferenza; la busta che cos’era scritto in quella busta, non riusciva a capacitarsi e poi lui aveva parlato di un ordine…che cosa intendeva per ordine, anche se lei ormai conosceva i suoi gusti..Così alla fine delle lezioni la corsa a casa e una volta giunta….
Guardò quella busta con il cuore in gola, la calligrafia era bella, tratto deciso e un po’ d’altri tempi. La aprì e lesse il contenuto:
“Stasera mi aspetti alla fermata della metropolitana di San Donato per mezzanotte. Le sono concessi tacchetti, autoreggenti a rete e un cappotto corto e leggero. Aspetti seduta sulla panchina in fondo al mezzanino. Gambe accavallate.”
Quella calligrafia, quell’ordine, un imposizione bella e buona, ma che cosa credeva di essere quell’uomo, autoreggenti a rete e sotto il cappotto leggero completamente nuda.
Le ore passarono più velocemente del previsto. Stava dando la pappa alla sua piccola quando ricevette un sms dal marito che le diceva che avrebbe tardato. Pensò di svuotare il sacco, le gambe le tremavano, pensava di rifugiarsi nella sua comprensione, ma poi, quasi come se si muovessero da sole, le sue dita risposero….
“A che ora rientri? Sai, questa sera ho la cena con tutti i colleghi e la preside mi ha invitata da lei per il weekend.”
Continua