Non era vero. Era una palla colossale che avrebbe richiesto poi una telefonata alla preside che per fortuna era sua amica veramente. Non capiva perché ma aveva mentito; che cosa le era preso. Ora non avrebbe potuto neanche raccontare tutta la verità a lui. Mentre computava il messaggio vide nella sua mente materializzarsi l’angolo della cantina di quella specie di osteria. Il letto disfatto dove darla e fare la puttana.
Erano quasi le 20:30 e stava mettendo a letto la bimba quando arrivò la risposta di suo marito
“Arrivo tra mezz’ora, ti basta per andare alla cena? Hai già chi ti viene a prendere o vuoi un passaggio?”
Ormai era fatta, non poteva più tirarsi indietro e nervosamente rispose
“Tranquillo, la valigia me l’ha già presa Elena. Vado con lei.”
Elena, la sua collega schiava di quell’uomo che le aveva fatto vivere un pomeriggio da incubo e che ora le aveva ordinato di presentarsi da sola, a mezzanotte in metro.
Fu in camera, si guardò attorno, le scarpe, le calze a rete , il cappotto; no, non poteva girare in quegli stati come lui le chiedeva e invece indossò tutto, un trucco leggero , ora era pronta.
Quando il marito arrivò lei era nuda fatta eccezione per i tacchetti, le calze e il cappotto abbottonato fino al collo. Lo saluto e gli diede un bacio dicendo che per la bimba c’erano pappe pronte per la prossima settimana e che non doveva preoccuparsi. La preside non aveva ancora chiarito quanto sarebbe durato quel corso di aggiornamento a cui lei doveva assolutamente partecipare. Anticipando poi la domanda del marito…
“Lo so, doveva essere solo una cena, ma poi ha chiamato la preside per quel corso di aggiornamento. Le hanno anticipato la data e inizia domani così si è offerta di ospitarmi. Stasera quindi prima vado alla cena, poi Elena mi porta da lei e da lì raggiungo il posto dove si terrà il corso.”
Il marito era stanco dalla settimana piuttosto pesante e non sollevò grandi obiezioni, si limitò solo a ricambiare il suo bacio e, augurandole di passare una bella serata. Le disse di farsi viva una volta che sapeva la durata del corso di aggiornamento perché se aveva bisogno sarebbe poi andato a prenderla.
In fretta uscì e si ritrovò a camminare nuda, coperta solo dal cappotto. Aveva il cuore in gola, c’erano pochi passanti frettolosi visto l’ora un po’ tarda. Alcuni la guardarono, lei si sentiva nuda…Sotto non aveva niente eccetto le calze, si sentiva una troia che va al lavoro. Non si poteva vedere e nello stesso tempo la cosa la trovava eccitatissima. La sua farfalla non mentiva, era letteralmente fradicia …Sul marciapiede che portava alla fermata della metropolitana che avrebbe preso per raggiungere l’appuntamento non c’era nessuno. Già, l’appuntamento…perché lo stava facendo? Poi smise di farsi domande guardò i numeri sull’indicatore di arrivo calare. Le luci al neon erano fredde e l’ambiente era vuoto, eccetto che per una panchina. Poi l’arrivo del convoglio e salì sulla metropolitana. La carrozza era mezza vuota. Una coppietta sui sedili in fondo non la degnò neanche di uno sguardo, intenti come erano persi nel loro mondo. Ma non passò inosservata per un vecchietto che si andò a sedere davanti a lei. Si sentiva in imbarazzo, e effettivamente poteva esserlo. Il cappotto corto era risalito in maniera spudorata e la sua ricerca di coprirsi accavallando le gambe non aveva fatto altro che mostrare bene le autoreggenti che indossava. Era rossa in volto. Si sentiva avvampare e poi, aveva la sua figa fradicia su quei sedili di plastica. La paura di lasciare il segno tanto era bagnata. Gli occhi porcini di quell’uomo intanto le facevano quasi i raggi x.
Arrivò su quella panchina che mancavano 10 minuti a mezzanotte. Come ordinato si sedette poggiando la figa depilata e nuda sulla fredda pietra e accavallò le gambe. Si guardò attorno. Milano era deserta, qualche autovettura ma niente altro. Si, effettivamente poteva sembrare una puttana che aspettava i clienti. Se una volante si fosse fermata a chiederle i documenti che cosa avrebbe detto? Sotto il cappotto era nuda, e se si fossero accorti del suo stato? Prese paura per i pensieri che le giravano in testa, e poi nella sua mente rimaneva sempre la visione di quel letto lercio e disfatto dove la puttana di quell’osteria esercitava.
Lui arrivò a mezzanotte e 10, in una mano aveva un guinzaglio e nell’altra solo una borsa di plastica dalla quale estrasse un collare con una campanella appesa; la osservò e poi…
” Sapevo che sarebbe venuta, non mi sbaglio sulle persone che frequento, lei è una splendida donna; ora apra il cappotto e vediamo se lei è vestita come le ho ordinato”
Eliana chiuse gli occhi, si sbottonò quel corto cappotto , si mostrava, lui aveva ordinato e lei eseguiva, era imbambolata poi lui le mostrò il collare che aveva in mano…
Lo indossi professoressa…
CONTINUA