Sulla paglia,esausta… Il suo corpo nudo ricoperto di tutto.
Non sapeva neanche di che cosa, era lì in quella penombra. In quelle sale era successo di tutto e lei si era come trasformata. Si accorse che aveva invocato quei cazzi pronti a esplodere dentro di lei, li aveva chiamati e li aveva implorati perché le entrassero più a fondo. Si vergognava e nello stesso tempo si sentiva ancora eccitata. Il puzzo degli animali si sentiva, le luci anche li erano soffuse, si sentiva il ruminare delle vacche e i loro rumori, poi cosa ancora…. Cercò di aprire bene gli occhi che erano semi appiccicati di piacere maschile, piacere che quasi le sigillava le palpebre, si mise seduta. Un brivido, un pensiero. “Come sarebbe ritornata a casa, era tutta indolenzita, e il culo le faceva dannatamente male, l’ultimo servizio con quella specie di dildo artificiale era stato traumatizzante per le sue mucose. Si, con aria da cagna in calore lo aveva leccato a lungo per lubrificarlo. Quando lo aveva fatto lo sapeva era circondata da uomini che la guardavano e si era letteralmente comportata da bestia in calore per eccitarli. In ginocchio, aveva fatto scorrere la lingua su quel fallo artificiale per poi fare in modo che la saliva ci colasse abbondantemente quasi fosse sborra. Non si era minimamente vergognata e poi, stando in ginocchio il suo culo con la figa erano finiti bene in vista di tutti. Così che tutti potessero vedere il mare di piacere maschile che colava fuori. Aveva anche sculettato quasi per invitarli, e…. Naturalmente lo faceva per eccitarli di più. Ripensando a quella scena si sentì avvampare di rosso le guance, ma ormai non le interessava altro. Con movimenti lenti cercò di andarsi a toccare il culo sfondato. Si sentiva una voragine e le sue dita che avevano giocato in pubblico con il suo buco per mostrare che animale da monta fosse, ora cercavano di sentire la sua corona che al tatto le sembrava oscenamente spalancata. Era fradicia di tutto quel tutto che le stava ancora colando fuori. Era li a messa a quattro zampe nel tentativo di sentirsi e di guardarsi quando ci furono delle voci. Prese paura, era lui il vecchio o altri estranei pronti ancora a saltarle addosso come le fiere attorno alla gazzella morente. Risate di donna, invitati, una voce in particolare…
“Ma dove diavolo avete portato la nostra cagna? È vero che è una vacca ma qua c’è un odore di stalla che prende alla gola”
Altre risate, cercò di girasi per vedere chi fosse quando un’esclamazione la fece rabbrividire e vergognare…
” Guardate la nostra vacca è già a quattro zampe pronta all’uso sembra quasi ci stia aspettando”.
Effettivamente era rimasta a quattro zampe nel tentativo di alzarsi e di potersi guardare attorno, quegli uomini erano entrati e c’erano anche un paio di donne. Eliana ebbe un brivido, si vergognava nel suo intimo per come si era comportata in villa, mai si sarebbe aspettata di leccare in pubblico un cazzo artificiale tirando fuori quasi una spanna di lingua per eccitare i presenti. Ed ora, quasi rinsavita per quello che era successo ma la voglia quella voglia di esibizionismo di nuovo si faceva sentire. Sapeva che aveva il culo rotto e la sua figa non era da meno, era gonfia e tumefatta per tutti i colpi che aveva preso in seguito a gli affondi dei maschi. Soprattutto quando l’avevano legata all’altalena e l’avevano presa quasi la volo, ma ora cosa volevano era ridotta quasi a un buco inservibile. Non osò guardare in faccia i nuovi arrivati, vedeva solo le scarpe e i pantaloni, si i pantaloni e…
” Su vacca tira fuori il cazzo dei presenti ci sono quattro maschi vediamo come ti sloghi le mandibole, succhiali bene poi vedranno loro dove sborrarti”
Era una delle due donne del gruppo che parlava e così dicendo si accucciò al suo fianco stringendole con cattiveria le tette che le penzolavano. Le sue tette di cui non andava tanto fiera, rigate anche quelle di sborra che ormai si stava asciugando addosso a lei. Ma ora…di nuovo cazzi e cazzi nella sua bocca, non ne poteva quasi più, la sua testa era sballottata e prendendola per i capelli se la passavano in modo che smesso di succhiare uno iniziasse subito un altro. Era attorniata da cazzi in tiro, lucidi di piacere e della sua saliva e in quella stalla. Un “nooo”, strascicato quasi a chiedere pietà poi come presa da una voglia malsana ci fu un…..
“Si, pompatemi, riempitemi, apritemi in due voglio cazzi, cazzi grossi per i miei buchi e ne voglio tanti,”
Era partita, ormai era come in un altro mondo e protese il culo in fuori come per facilitare l’entrata di qualunque cosa si trovasse dietro di lei. La sua corolla scura si tese allo spasimo, lei si scosse un “Ancora!” Biascicato in un misto di piacere e di sofferenza. Era abituata per fare spazio per mostrare come era aperta e elastica sempre stando a quattro zampe si piantò due dita nel culo si pisciò addosso, gemendo. Piacere, dolore e umiliazione il suo masochismo stava trionfando e a quel punto i cazzi che erano attorno a lei iniziarono a lavarla colpendole il viso, il suo bel visetto da ragazzina fu in un attimo ridotto a una maschera di piacere maschile che si incollò sui suoi occhi. Non capiva altro, ora era ritornata l’oggetto dei maschi come in villa, di nuovo sballottata ridotta nuovamente a succhiare.
“Sei proprio un buco, un cesso buono per tutti i tipi di cazzo; fai proprio schifo”
Era la voce di una delle donne presenti che le giungeva da lontano mentre lei mugolava e a tratti gridava per le scosse di piacere che stava ricevendo…. La risposta alla battuta della donna la fece agghiacciare….
“E’ la nostra vacca su ora facciamo la prova portiamola i sala mungitura e tu cammina sempre a quattro zampe sei una bestia”
Parole di cui lei se ne compiacque, si accorse che stava godendo in quella sporcizia. Essere definita vacca, un ricettacolo di cazzi. Mostrare il suo culo sfondato quasi in maniera irreversibile e essere costretta a prendere cazzi. Si, cazzi, o altri giocattoli che l’aprissero, per lei era scattata dentro quasi una lucetta di rec. Godeva nel trovarsi in quella situazione e poi essere munta come una vacca. La cosa le provocò quasi un orgasmo, quando sentì lo strattone del guinzaglio al suo collare, doveva rimanere a quattro zampe, doveva ora attraversare quella stalla come un animale. Ridevano, si stavano prendendo gioco di lei, non era altro che il giocattolo con cui divertirsi. Se ne sarebbe potuta andare; dire basta a quel gioco perverso, folle sotto certi aspetti, loro l’avrebbero riportata a casa o almeno all’osteria dove era rimasto il suo cappotto, lo spolverino che aveva indossato. Invece era li a prendere cazzi in bocca, in figa e in culo e a farsi lavare di sborra la faccia. Era letteralmente drogata di piacere e del gusto masochistico nel sentirsi ridotta a un puro animale. La stalla in quel momento era come diventata il suo elemento. Quell’ambiente, le vacche i loro muggiti, la paglia, li per il suo padrone quello era il suo posto. E loro quelle persone le gridarono anzi le imposero di muggire come una vacca. Lei lo fece crogiolandosi nell’essere ridotta così. Da quella maschera coperta di piacere maschile ne uscì un suono roco: il suo muggito da animale mentre i maschi per quanto potessero ancora cercavano di lavarla con il loro ultimo piacere. Si può dire che con il muggito terminava la prima parte di quel gioco che si stava svolgendo nella stalla.
Eliana fu strattonata, tirata quasi con rabbia e sempre obbligata a muoversi a carponi. Così alla testa di quella bislacca processione si avviò verso la porta di della sala mungitura. Sapeva che li l’avrebbero munta e non capiva come potessero fare una cosa simile, le sue tette erano piccole e perfette, ormai di latte non ne aveva più. Aveva smesso di allattare il suo capolavoro da alcuni mesi e le sue tette erano esauste, ma loro volevano provare e lei al pensiero di avere un apparecchio per la mungitura del latte, un apparecchio che si usa con le vacche attaccato ai suoi capezzoli le provocava una forma di visibilio. Fu letteralmente trascinata così in una stanza adiacente alla stalla. Era piastrellata di bianco, sembrava quasi il cesso dove aveva avuto l’esperienza traumatizzante di farsi lavare da quei maschi, ma ora era diverso. Una stanza asettica con al centro una poltrona, e dall’altra parte una gabbia che non prometteva niente di buono…. Non capiva, al fianco della poltrona una specie di apparecchio con una boccia trasparente e quella boccia risvegliò in lei il pensiero di essere costretta come una vacca da latte. Scosse il viso, dalla bocca impastata di piacere maschile e da quella maschera oscena che ornava il suo viso rendendola irriconoscibile uscì una specie di no rauco. Era il suo ultimo tentativo, in lei le sensazioni si sommavano e non riusciva a capire se tutto quello le piacesse o cercasse di andare via da quel luogo dove aveva conosciuto cazzi su cazzi. Una scorpacciata così di piacere maschile non sapeva neanche se l’avesse fatta qualche puttana nel massimo della su carriera. E invece dopo aver fatto venire un paio di maschi ed essere stata letteralmente lavata del loro piacere. Lo sapeva aveva implorato altri cazzi e altri ancora, quasi incitandoli a renderla una specie di ricettacolo di sborra quasi per annullarsi completamente.
Il suo masochismo stava trionfando, essere costretta, sballottata tra quella carne che entrava in lei e quella che la lavava di sperma. Ora però era li, la fecero alzare in piedi, fu costretta a mettersi le mani dietro alla testa in modo da mettere il suo petto ben in vista. Nel frattempo quella donna che faceva parte del gruppo prese in mano i terminali da applicare alle sue tette. La guardò quasi sopra pensiero, quei due tubi lunghi, lei capiva, dovevano aderire alle sue tette. Paura e nello stesso tempo eccitazione, stava per diventare una vacca da mungere anche se in quel momento era senza latte. Un cenno della testa di quella padrona e un maschio si piegò a succhiarle prima un capezzolo e poi l’altro. Le diede una scossa, mugolò, quasi si contorse ma poi fu un attimo, quei due tubetti metallici aderirono alle sue tette tirandole verso il basso, era letteralmente oscena, non si poteva guardare, ma capiva perfettamente che cosa stava succedendo.
“Ora vai a sederti vacca e vediamo di accendere la macchina, non stai male, i tuoi amici e conoscenti ti dovrebbero vedere”
Paura, la maschera di cera non aveva espressione ma dentro di lei c’era il finimondo: per quella folle situazione che si era venuta a creare ora godeva. Sentiva il piacere pervaderla e le sue gambe tremavano, doveva assolutamente distendersi, da un momento all’altro la macchina sarebbe stata messa in funzione e le sue tette sarebbero state spremute. Si sentiva un animale e niente altro, e poi quella gabbia, la gabbia capiva a che cosa sarebbe servita, finito quella specie di trattamento da “ vacca” sarebbe stata rinchiusa li. Il suo padrone voleva così, da casa per un paio di giorni non l’avrebbero cercata e lei sarebbe stata in balia di quell’uomo e della sua “allegra compagnia” Se così la poteva definire, viziosi e lei era il loro giocattolo; ma lei non era da mano perché tutto quello che stava succedendo la stava affascinando e le era come entrato dentro. L’essere costretta, il piacere che ne riceveva, erano unici. Eliana la vacca, forse le avrebbero messo anche una targhetta tanto per identificarla. Non sapeva se in quella specie di casa c’erano altre donne come lei, oppure lei era l’unica destinata a vivere così. Si mosse con difficoltà, la pressione alle sue tette quei fili che partivano dai tubetti metallici che aderivano al suo petto e da quei tubetti partivano i fili che portavano alla boccia trasparente. Lo capiva. Si mosse lentamente. Sempre tenendo le mani dietro la nuca, faceva fatica, il culo e la figa stavano perdendo il piacere maschile con cui era stata riempita a iosa quella notte. Ma in quel momento tutto questo non le interessava. Era il loro animale da monta, non le interessava altro, in quel momento era entrata nella parte, altro non esisteva, solo i cazzi da prendere e succhiare e ora quella macchina. Nel girarsi per sedersi vide lui, era entrato nella stanza, non si era accorta. Il freddo del metallo sul suo corpo e il freddo della gomma dei tubi. Da un momento all’altro avrebbe dato spettacolo, le persone aspettavano e dopo che cosa sarebbe successo? Le sue tette erano piccole, erano vuote. Lo aveva detto anche lui scuotendole mentre le teneva par i capezzoli in quella stazione della metropolitana. Si sentiva vacca, si accorse di avere l’interno delle cosce lucido fino alle ginocchia se non oltre, faceva schifo, il suo corpo aveva ancora della paglia attaccata.
CONTINUA