E con quella frase… “Mio bell’uomo abbiamo due ore di strada per divertirci” faceva prevedere che avrei dovuto concentrarmi in maniera non indifferente sulla strada. Non ci volle molto, e appena seduta al mio fianco Andrea si rilasso sul sedile, allungandosi come una gatta quando si stiracchia. Quella stoffa leggera risalì lungo le sue gambe mettendole magnificamente in mostra e lei lo sapeva. Così facendo spostò la mano poggiandola sulla mia coscia e girandosi verso di me dopo essersi stiracchiata si girò ancora un po il giusto per parlarmi all’orecchio. “Ho voglia, la strada è ancora lunga” Così dicendo la sua mano risalì lungo i miei pantaloni fino a fermarsi al loro incrocio. Era lanciata. Le sue dita si strinsero li. La voglia ormai si poteva tagliare a fette nell’abitacolo della nostra macchina. Quelle dita sembravano tentacoli e con quella sua destrezza che ben conoscevo in determinate situazioni piuttosto hard riuscì a infilarmi la mano nella patta dei pantaloni. Il suo sorriso era unico, quasi quello di un micio che pregusta il gioco che farà con la preda. Si divertiva, lo capivo perfettamente e la cosa piaceva anche a me lo dovevo riconoscere. Fu un attimo proprio mentre cambiavo la marcia strinse la mia carne continuando a bisbigliarmi all’orecchio. “Porco sei eccitato? Ti piace vedere le mie gambe e sentire le mie mani che giocano con te” Le marce mi impicciavano, il traffico cittadino mi dava fastidio, dovevamo andare a prendere l’autostrada ed ora eravamo all’altezza di borgo Roma. Rimpiangevo di non avere un’auto con il cambio automatico. Avevo una mano occupata con il volante e  l’altra era sul pomolo del cambio mentre lei si divertiva eccome se si divertiva facendomi fremere. I miei pensieri erano pieni di imprecazioni volevo anch’io allungare la mano su quelle gambe messe in mostra con un gusto spudorato. Lo faceva di proposito, sapeva che mi trovavo impacciato perché stavo guidando. Era questo che lei voleva, non potevo reagire. Ma finalmente come per tutte le cose riuscimmo ad imboccare l’autostrada. Lei era letteralmente inginocchiata sul sedile intenta come era a segarmi con estrema lentezza e io potei finalmente allungare il braccio, la tirai verso di me mentre con la mano cercavo di tirarle su quell’abitino leggero che indossava. Sentì al tatto il suo mandolino sotto la mia mano e strinsi cercando di riuscire ad intrufolare le dita sotto l’elastico del perizoma che portava. Quella dolcissima fessura tra le sue natiche. Mi sibilò un “Porco” ma fu solo un attimo perché abbassò la testa iniziando a succhiarmi. Le sue labbra sembravano le ventose di un polipo e mi davano sensazioni che rasentavano scosse elettriche. Quelle nostre manovre non passarono inosservate a un autotreno che stavo superando. L’autista aveva una visione del nostro abitacolo soprattutto di lei in una posa che non lasciava addito a dubbi. Lui ci suonò più volte. Mentre lei succhiava riuscivo con estrema difficoltà a titillarle la figa da dietro. Era fradicia, era eccitata anche lei. Poi fu l’attimo, l’esplosione del piacere che mi travolse. Non potevo muovermi e mi dovevo concentrare sulla guida. Ma il piacere, il mio piacere rimbalzò sicuramente sul suo palato e lei non se ne fece scappare neanche una goccia. Ero letteralmente tramortito. Non so quanto tempo passò, perché mentre godevo nella sua bocca continuò a succhiare come una forsennata, l’auto sbandò leggermente era troppo. Poi con la più grande disinvoltura si spostò sul proprio posto e sempre tenendo il mio cazzo in mano come un trofeo si rilassò sul sedile chiudendo gli occhi e… “Hai sempre quel buon sapore che conosco, ora tocca a te” Con queste parole allargò le gambe permettendomi finalmente di poterla toccare come piaceva a me. Il vestito era risalito e lei mi agevolò tirandolo ancora un po’ su in modo che vedessi chiaramente quel minuscolo perizoma che indossava. Era dannatamente stretto e le modellava alla perfezione il monte di venere quasi fosse un guanto. Era a rete, lo sentivo al tatto segno che quella maglia leggera non nascondeva niente. Riuscì a spostarlo e finalmente accarezzai le sue grandi labbra. Era fradicia, bagnata, aveva ancora voglia, non le bastava l’orgasmo che aveva appena avuto. Le mie dita entrarono in lei, non una ma due poi tre, quasi volerla possedere come fossero un cazzo. Lei mi agevolava e per far si che non trovassi impacci sposto la spalliera del sedile in modo di essere quasi distesa. Quel suo “Toccami, toccami fammi godere” Rintronava nella mia testa quasi come una cantilena. Aveva chiuso gli occhi e gustava le mie dita; che un attimo dopo andarono a massaggiare il suo bottoncino. Lo sentivo al tatto congestionato simile alla grossezza di una nocciola. Prima lo toccai con il polpastrello e poi lo sfregai leggermente con la punta dell’unghia. Gemette, mi chiese di continuare e di non smettere. Capivo che era al limite anche lei, era eccitata, mi aveva succhiato il succhiabile. Se in quel momento avremmo parlato di anima ero sicuro che la mia si trovasse nella sua bocca o nel suo stomaco. Ora però toccava a me, le mie dita ormai erano riuscite a spostare quel perizoma e stavano entrando e uscendo dalla sua figa. Lei mi aveva chiesto di non smettere, si crogiolava anche lei in quelle sensazioni e mi dette un attimo di tregua. Tregua che durò forse un minuto, gorgogliava, sembrava una gatta che facesse la fusa ma quella fusa era il piacere che la cullava. Nel frattempo con la macchina avevo fatto un paio di numeri di alta scuola per mostrarla. // Mi ero rilassata sul sedile, lo avevo letteralmente aspirato, sentivo in bocca il sapore del suo piacere ma non me ne fregava niente. Avevo chiuso gli occhi abbassando il sedile e allargando le gambe, volevo che mi facesse un ditalino fino a farmi godere e il mio bell’uomo ce la stava mettendo tutta. Un mare di sensazioni partiva dal mio ventre per andarsi a confondere in tutto il mio corpo. Sapevo che mi avrebbe mostrata a qualche autista di autotreno che si poteva superare lungo l’autostrada. Dalla loro cabina avevano una visione perfetta dell’abitacolo in particolare del mio posto. Che mi vedessero pure, avevo voglia di mostrarmi, sotto sotto la cosa la trovavo eccitante. Pensavo anche alla mano del mio collega chissà se la sapeva usare come il mio ganzo. Quei polpastrelli leggeri che avevo sentito al tatto quando aveva accarezzato la mia mano mentre facevamo aperitivo…Farmi crogiolare da loro. Ma fu questione solo di un attimo perché lui si concentrò sul mio bottoncino accarezzandolo come solo un battito d’ali di farfalla lo sa fare e a tratti lo stringeva brutalmente dandomi delle scosse elettriche.  Mi scappò un “ Siii, continua pizzica fammi godere di brutto, chiavami, scopami!!” Lo gridai ad alta voce, un grido roco quasi un rantolo che finisce in un singulto e così dicendo mi allargai ancora di più spingendo il mio ventre in avanti in modo di agevolarlo più possibile. Fu come un segnale perché l’auto si buttò nella corsia del traffico lento fino ad imboccare un’area per la sosta di emergenza. Quelle ultime parole che avevo gridato lo avevano fatto andare fuori di testa. L’auto si fermò di botto mentre il traffico caotico continuava il suo andirivieni. Per fortuna come macchina avevamo un vecchio modello senza quella specie di catafalco che si trova tra i sedili nelle auto di ultima generazione. Così una volta fermati il mio lui mi saltò letteralmente addosso come un infoiato, quel suo “Qua!!!  Vieni qua” Non ci fu la scopata classica su sedile dell’auto, ma mi voltai di scatto sul fianco presentandogli la schiena in particolare il mio fondoschiena. Il vestito era già risalito vertiginosamente, mi mostravo a lui al mio uomo. Si, gli mostravo il culo e volevo essere presa da dietro!!!! Mi prese con rabbia, lo sentì aderire ai miei fianchi, con un movimento velocissimo quel perizoma che indossavo finì per rompersi e un attimo dopo sentì il suo cazzo sfiorarmi le grandi labbra da dietro. Grandi labbra già abbondantemente lucide della mia voglia, la sua carne scivolò tra di loro dividendole e andando a toccarmi il bottoncino già congestionato per il servizio precedente che mi aveva fatto con le dita. Poi quasi prese le misure mi entrò dentro con un affondo formidabile. Fu un attimo e il piacere ci travolse tutti e due godemmo, godemmo come persi. Mi sembrò di entrare come in un altro mondo. Sensazioni che esplodevano come una bottiglia di spumante quando dopo essere scossa viene stappata, ma il tutto a rallentatore in un ambiente privo di gravità. Altro che fuochi d’artificio, colori, sensazioni il suo nettare caldo andò ad impiastricciare la mia vagina traboccando. Eppure gli avevo fatto un servizietto niente male un attimo prima mentre guidava. Mentre faceva tutto questo la sua bocca era sul mio collo quasi volesse morderlo. Pensai ai succhiotti di quando andavo al cinema da parte del morosetto di turno che mi costringevano il giorno dopo a girare con il foulard. Sapevo che sarebbe rimasto il segno ma ne valeva la pena, una scopata così non è da tutti i giorni. Ci calmammo, i nostri respiri si chetarono. Ora eravamo uno vicino all’altro, immobili come aggrovigliati. Un sedile di auto anche se semi inclinato non è fatto per due persone. In quel momento ci accorgemmo di essere tutti e due in un bagno di sudore, l’auto aveva ancora i finestrini alzati e fermandosi l’aria condizionata era cessata. Poi considerando che eravamo alla fine di maggio il sole scaldava di già. Ci fu ancora un bacio sul mio collo, poi cercammo di ricomporci. L’unica cosa era aprire la portiere dalla mia parte e uscire tutti e due da li.