Mi vergognavo, non capivo, prima avevo fatto numeri da alta scuola e ora al pensiero di farla in pubblico mi bloccavo, ma il nostro accompagnatore spazientito….Mi diede uno scapaccione e …una scossa elettrica, mi sculacciavano, mi sentivo una bambina come se avessi fatto una marachella.
Ora eravamo tutti e due, due animali, una vicino all’altro, e ….
Mi accucciai come una cagna e la feci, mi liberai, lì in pubblico mentre l’altro schiavo la fece anche. Ci liberammo così dei nostri liquidi, mi sentivo umiliata e nello stesso tempo eccitata come una corda di violino. Piacere, un piacere strano ma lo apprezzavo. Ma quell’uomo si mise a ridere e
“Visto che vi siete sporcati pulitevi, avete le bocche e le lingue su, datevi da fare non è mia intenzione fermarmi qui ne portare due schiavi sporchi di nuovo in casa e poi i vostri buchi devono essere puliti”.
Rimasi di sasso, ma il maschio agì immediatamente. Molto probabilmente lui era abituato a fare cose simili, lo avevano educato. Il suo viso mi sfiorò, sentii la sua lingua, puntò sul mio culo e sulla mia figa, li voleva pulire, si annullava come un animale che doveva obbedire e quella lingua letteralmente mi fece impazzire…se leccava bene, l’allungava nei miei buchi incurante di tutto il piacere rimasto attaccato, sperma e piscio, ma lui puliva senza porsi problemi. Vedevo il suo cazzo lucido del mio piacere e di altro che era rimasto attaccato dopo la pisciata, per quello che faceva gli stava diventando duro di nuovo, la mia eccitazione saliva, sapevo che di lì a poco lo avrei avuto in bocca e avrei leccato tutto, ma la voglia iniziava di nuovo a pervadermi, brividi, quel gusto dell’umiliazione; eravamo due esseri nudi che si leccavano i genitali ubbidendo all’ordine di un estraneo perfettamente vestito che ora ci guardava con interesse. Il piacere ci stava prendendo tutti e due, quella forma di eccitazione, ci stavamo comportando come due animali in calore e lo sapevo, di lì a poco, a qualche attimo, lui si sarebbe posizionato dietro a me e mi avrebbe chiavato. Agiva come un cane, non emetteva parola, solo mugolii. Il collare era grosso, non era sottile come il mio e il suo corpo era inanellato, portava anelli ai capezzoli ed anche al frenulo. Chissà se li avrei avuti anch’io? Quella visione mi passò per la testa, quel vecchio lo conoscevo dal pomeriggio e ora mi chiedevo se avessi accettato la sua proposta di inanellarmi e sapevo già la risposta. Il suo cazzo era teso, l’anellino si intravvedeva appena ma c’era, come gli anelli che portava ai capezzoli. Lo ebbi in bocca, succhiai, il cazzo. Si stava rivitalizzando in maniera impressionante e di nuovo sotto le mie labbra le protuberanze delle vene che diventavano sempre più grosse. Il nostro accompagnatore ci guardava sempre più interessato, le ultime remore ormai si erano dissolte e succhiavo beatamente il cazzo dell’uomo. Lui era a quattro zampe immobile e io avevo infilato la testa sotto di lui, per essere così bassa le mie tette sfioravano il prato e i fili d’erba solleticavano a tratti i capezzoli. Ormai eravamo partiti, lui lentamente scivolò dietro a me e sentii per l’ennesima volta la sua lingua, mi solleticava il culo, me lo stava lubrificando, mugolava e mugolavo anch’io ormai decollata in un altro mondo; essere un animale e agire come un animale mi eccitava ma al culmine ci divise. Il maschio quasi cercò di reagire, ma io capì. Antonio aveva tutto programmato, il mio Padrone mi voleva eccitata perché non aveva nessuna intenzione di perdere la scommessa con la padrona dello schiavo. Io ormai ero partita. Antonio si era accorto e……, una volta rientrata, per darmi piacere sarei stata disposta a farmi riempire da qualunque cosa, ormai era come se fossi posseduta, cazzi turgidi per i miei buchi. Fui trascinata dentro, il maschio che era con me fu legato fuori. Una casa per un cane, rimasi di sasso, fu messo alla catena lì e rimase solo. L’ultima cosa che vidi era la ciotola piena d’acqua, una ciotola zincata e la catena legata al suo collare. Lo lasciai solo, e mi diressi dentro accompagnata da Antonio che nel frattempo se la rideva. Questa volta fui in piedi, mi permise di camminare e così mi ritrovai in mezzo agli ospiti, io nuda e gli altri vestiti, io eccitata e tesa con la figa che mi colava, Il batticuore dell’attesa di quello che mi avrebbero fatto fare. Mi ero cacciata in una follia, ma ora volevo andare fino in fondo e, se la squadra di calcetto fosse venuta? Che cosa mi sarebbe successo? La taverna, sapevo che sarei finita nella taverna, ma ora ero lì in mezzo a tutte quelle persone completamente vestite e più d’uno o una, non lo saprò mai, si divertivano a sfiorarmi e toccarmi. I maschi erano infoiati, lo capivo dai loro occhi che mi guardavano, guardavano le mie tette e l’incrocio tra le mie gambe che avevo per loro già abbondantemente messo in mostra, quando avevo camminato a quattro zampe e quando l’altro” animale” mi aveva preso. Ora lui era legato fuori e tutti quegli uomini e donne mi potevano avere. Quasi tremavo ma poi ad un certo punto si allontanarono da me. Mi ritrovai completamente nuda in quella stanza circondata da tutti, si erano tranquillamente seduti e mi fu dato in mano un fallo artificiale. Forse aveva il telecomando, ma da quanto avevano detto sapevo che era gonfiabile, si poteva allargare a piacimento.
CONTINUA.