Esse si abbassò tra le sue gambe. Ora voleva il suo cazzo. Non gli bastava più segarlo lentamente mentre giocava con la sua bocca. Nella penombra ormai gli ultimi bottoni del vestito erano saltati. Mostrava tutto il suo corpo vestito solamente di quel bustino nero dagli inserti di lucida pelle che sembrava dicesse: sono da guardare. In quella situazione si sentiva la figa gocciolante. Teneva le gambe aperte e una volta scesa sul suo cazzo, in un primo momento lo slinguò piano e poi lo iniziò a succhiare con avidità. Da parte di lui un gemito di piacere, non si aspettava una cosa del genere. Il cazzo se lo fece scendere fin oltre le tonsille. Lo voleva dentro, e con quel movimento con il cazzo in bocca riuscì a lambirgli le palle con la lingua. Palle che aveva preso con l’altra mano e massaggiava lentamente puntando risoluta a carezze sotto di loro. Lui era perso ma nonostante tutto…. La sua mano intanto si era intrufolata nel suo vestito completamente aperto e le accarezzava il culo. Lo prendeva, lo palpava per poi cercare di raggiungere il suo fiore scuro da dietro. Lei cercò di agevolarlo in qualche maniera, spostandosi leggermente e ella fine sentì il suo dito li. La voglia la prese, lo voleva dentro come quel dito che le entrò per una buona falange, faceva di tutto per agevolarlo, lo avrebbe voluto anche in figa. Ma le loro acrobazie non passarono inosservate a una parte del pubblico. Ombre che si avvicinarono a loro. E lentamente li circondarono. Un paio avanti e un altro dietro che guardava la mano di lui che scivolava lenta sul culo di Esse accarezzandogli le natiche e infilandosi in mezzo a loro, ci voleva niente per capire che le massaggiava il buco del culo. Lei era sconciamente scoperta, e ansimava tra un succhiotto e l’altro sul cazzo di suo suocero, In quella posizione appena illuminate dalla luce che veniva dallo schermo si vedevano benissimo le sue gambe ornate dai reggicalze. Giorgia era persa e ad un certo punto lui che non ce la faceva più per le sensazioni che provava dalla sua bocca….“Siediti sopra di me e fai uno spegni candela.!” Non si aspettava una frase simile, credeva un pompino con l’ingoio fatto in quella sala e invece lui, lui voleva scoparla. Per l’esattezza voleva che si scopasse da sola sul suo cazzo che si calasse in uno spegni candela. Quelle parole, quell’attimo mi fecero come rinsavire da persa che ero succhiandolo, malignamente gli massaggiavo le palle e anche più sotto di loro, e a ogni affondo dei miei polpastrelli sentivo che il suo cazzo si irrigidiva, sapevo di procurargli delle piacevoli scosse. Mi riebbi un momento e mi accorsi che eravamo letteralmente circondati da guardoni. Come mi spostai uno mi piantò una pila sul ventre quasi per vedermi meglio, presi paura, mi venne voglia di scappare ma lui mi fermò e con un bisbiglio….“Non fanno male a una mosca chiedono solo di guardare continua, impalati. Fui come rincuorata da quelle parole e come un automa raccolsi il vestito sollevandomelo e mostrandomi ancora di più. Le mie tette erano completamente uscite dal bustino e si potevano ammirare in tutta la loro bellezza. Fui cos’ sopra di lui, il posto era stretto senza contare che proprio davanti a me due occhi spiritati mi guardavano, l’uomo aveva la bocca aperta nell’ammirarmi. Per salire su di lui mi spostai di più e sfiorai la persona, sentì un gemito, si doveva toccare, ma in quel momento non mi interessava. Ero partita anch’io e ora anche se lui me lo aveva chiesto e all’inizio avevo avuto un attimo di titubanza volevo quel cazzo, eccome se lo volevo. Lui era seduto e fu come essere presa da dietro. Quella carne calda e tesa la sentì entrare dentro di me. Il suo cazzo scivolo in quel mare di voglia che avevo senza nessuna fatica dandomi delle sensazioni uniche. Lo dovevo poi riconoscere era la prima volta che mi capitava di farlo davanti a estranei. Si, una volta con mio marito ricordavo una camporella e alla fine delle nostre acrobazie ci eravamo accorti che c’era un guardone. Ma ora la situazione era completamente cambiata. Lui e Martina andavano la per essere guardati e poi lo sapeva solo dio che cosa facessero anche con quelle ombre in sala. Ero andata ora non mi interessava più avere degli spettatori, guardassero pure, volevo godere e mi sentivo porca. Se con una mano iniziai a sgrillettarmi mentre avevo il suo cazzo in figa con l’altra mi pastrugnavo le tette che da tanto gonfie che erano mi facevano male. Le strinsi, sentì il latte bagnarmi. Lui se ne accorse e con una voce rauca che sembrava venisse quasi dall’oltretomba “Sei proprio una vacca in calore” una frase che mi avrebbe fatto inorridire in un’altra situazione, ma in quel momento quelle parole furono come benzina sul fuoco. “Si, sono la tua vacca vecchio porco mi sto impalando sul tuo cazzo, dammi la tua sborra, devono vedere tutti quanto sono infoiata” Non avrei mai creduto di dare una risposta simile ero fuori di me, volevo godere e volevo che mi vedessero godere anche quelle ombre. Il piacere arrivò come un tornado, quel primo tuono che da’ il via allo scatenarsi degli elementi. Il piacere quell’onda lenta e densa come un olio caldo si iniziò a dilatare dentro di me dandomi sensazioni che non riuscivo a spiegarmi, mi sentivo leggera e nello stesso tempo un fuoco mi travolgeva, e più divampava più ne volevo. Iniziai a muovere i fianchi come un’indemoniata per sbattermi di più sul suo cazzo. Lui mi prese in quel momento le tette e mi spinse di più schiacciandomi su di lui mentre il mio ventre come impazzito cercava di stringerlo. Lo volevo, volevo sentire la sua sborra calda dentro di me. L’attimo in cui il cazzo inizia a vibrare quando non ce la fa più ad aspettare. La sua borra mi lavò letteralmente il ventre andandosi a confondere con il mio piacere, squirtavo come persa. E mentre tutto questo succedeva le ombre che ci circondavano allungarono le mani per toccare me e toccare lui. Sentì commenti a luci rosse, una mano mi toccò il ventre e cercò di entrarmi in figa mentre avevo il cazzo di lui e le mie dita si pizzicavano il bottoncino, spostai quella mano come in trance sulla mia gamba che la strinse. Fu quell’attimo di furore, di tempesta poi ci calmammo, mi sentivo cagna, la voglia quella voglia di trasgredire e di essere trattata come un buco continuava nella mia testa. Il suo cazzo ormai rammollito scivolò fuori da me portandosi dietro un mare di sborra che riuscì a tamponare appena in tempo con la mano. Mi ritrovai così seduta a fianco il mio lui a gambe larghe con il vestito aperto che non nascondeva niente. Ero esausta come ancora nel nirvana. Sentivo il piacere colarmi fuori e a quel punto una di quelle ombre si avvicinò a me. Sentì il suo alito, ma la voce del mio accompagnatore fu glaciale. “Ti piace? Se si accucciati tra le sue gambe e puliscila con la lingua, ne ha bisogno e puoi anche segarti se vuoi” Una reazione repentina fu come colpito da una scarica elettrica perché me lo trovai inginocchiato ai miei piedi come un cane, era la prima volta. Leccava puliva e mi accorgevo che in quella penombra si era tirato fuori il cazzo e se lo menava. Se mi avessero detto solo alcune ore prima che mi sarebbe successo una cosa del genere mi sarei messa a ridere e avrei mandato al diavolo la persona che me lo diceva. Invece ero li con una persona che mi leccava la figa che grondava piacere dell’uomo con cui ero entrata in quella sala . Si segava leccandomi, era come perso e io infoiata fino all’estremo stuzzicai quel cazzo con la punta della scarpa. In quel momento ero come cambiata mi sentivo porca, volevo godere ancora. Mio suocero si era accorto di quello che faceva e “Giorgia sapevo che eri una porca, la vocina che avevo dentro me lo diceva e non mi sbagliavo”.  In quel momento avevo ancora le tette fuori, non mi interessava. mi vedessero pure, mi sentivo un animale da letto che cerca cazzi e che vuol essere sbattuto ancora. Mi sentivo in un’altra dimensione, avevo goduto si è vero e poi un altro maschio mi aveva pulito. Una pulizia accurata, quella lingua mi aveva dato sensazioni di altro genere. Poi sapere che facendolo si segava ai miei piedi e io. Io lo avevo stuzzicato. Ora avevo anche la scarpa sporca di piacere e mio suocero si accorse. E ne uscì una scena dir poco onirica. Mi prese con una sua mano il polso facendo in modo di tenermi ferma. Poi lui schioccò le dita, pollice e medio facendo un rumore secco. Il maschio che era ai miei piedi fu come scosso da quel suono e guardò verso di lui che…“Lecca e pulisci la tua sborra dalla scarpa della signora, fallo e poi sparisci, via esegui!” L’uomo ne fu come ipnotizzato e iniziò a farlo. Ero immobile, un maschio mi leccava la scarpa sporca del suo piacere in quello stretto corridoio tra le poltroncine della sala cinematografica. Sul pavimento qualche cartaccia e fazzoletti clinex, segno che più di uno si era segato e pulito. Quella sala era un ambiente cupo, illuminato solo dai lampi a seguito dei cambi di immagine che venivano dallo schermo. A quel punto sembrava che la loro avventura in quella sala cinematografica si fosse conclusa, si alzarono. Lei aveva ancora il vestito aperto. Era rossa in volto, sudata, mentre lui sembrava tranquillo, la persona che le aveva leccato le scarpe se ne era andata, scomparsa. Altre ombre seguirono quella coppia e a quel punto Giorgia con ancora una voglia folle di godere, godere nella vergogna prese il braccio di lui, gli diede un bacio e chiese “Ancora, fai che mi guardino quelle persone mi eccitando” e a quella richiesta ne seguì una scena che a confronto il film che stavano proiettando era per bambini. Sentendo quelle parole lui rimase perplesso, non si aspettava una frase simile da sua nuora che sembrava ancora in trance per ciò che era successo un attimo prima e invece stette al gioco. Erano intanto giunti fuori dalle poltroncine e erano nel corridoio laterale della sala, e allora lui: “ Esse, appoggiati al muro e allarga le gambe, mostrati, il vestito lo hai ancora aperto, e toccati per loro fino a venire, mostrerai il tuo piacere perché so che squirterai, la sborra mia te l’hanno già pulita leccandoti e ti hanno anche pulito le scarpe. Esegui, io per farti vedere ti illuminerò il ventre con la pila tascabile del portachiavi. Le tue dita entreranno e usciranno in maniera sempre più veloce”. Ess come in trance si appoggiò alla parete, era dir poco oscena, con il vestito aperto e le tette piene di latte esposte alla vista di tutti. Si portò le mani al ventre. Si toccò aprendosi, sentì le sue grandi labbra iniziare nuovamente a pulsare con un ritmo sempre più forte e caldo. Teneva gli occhi aperti, voleva a tutti i costi vedere quelle ombre che si avvicinavano richiamate dal fascio sottile di luce che veniva dalla pila. Fascio che le illuminava il ventre e a tratti saliva sui suoi seni. Era leggermente piegata e anche le gambe facevano fatica a sorreggerla sui tacchi alti che aveva ai piedi. Le sue mani alla fine premettero sul bottoncino come per massaggiarlo, pomparlo, lo faceva diventare impertinente, eretto quasi chiedesse attenzione. Che in quel momento mio suocero fosse un porco lo dovevo ammettere, lo era. L’idea del piccolo fascio di luce che mi illuminava davanti a tutti fu qualche cosa di formidabile. Mi trovai quasi circondata in quella sala. Io, appoggiata al miro mentre il fascio di lice scivolava lento sulle mie gambe, mi illuminava la figa e a tratti risaliva sulle mie tette mettendole in risalto. Le avevo ancora fuori e ormai erano lucide di latte che perdevano. La mia vita era racchiusa in quel corpetto modello maso di un nero lucente e li stesso era per le calze e reggicalze che avevo ben in mostra. Ma in quel momento tutti mi guardavano la figa. Guardavano le mie dita che entravano e uscivano e a ogni passaggio la mie eccitazione cresceva. Mi mostravo, mostravo i miei buchi masturbandomi davanti ad estranei. Sapevo che mi avrebbero voluto toccare e io lo dovevo riconoscere mi sarei accucciata in mezzo a quei maschi per succhiare i loro cazzi fino ad essere lavata dal loro piacere. Sentivo in calore, il mio ventre si contraeva mano mano che l’eccitazione per quello che facevo cresceva. Sentivo il loro ansimare. Più di uno si era tirato fuori il cazzo e se lo menava mentre altri si stringevano nervosamente la patta dei pantaloni. Ero persa e era perso anche mio suocero che continuava a giocare con il fascio di luce mettendo in risalto a volte le mie tette o la mia figa. Poi non so che cosa successe, era vero mi volevo mostrare volevo mostrare i miei buchi e nello stesso tempo darmi piacere davanti a quelle persone. A quel punto spostando bene il vestito che tenevo aperto mi girai e mi piegai mostrando il culo. Mostrai le mie natiche, me le apri davanti a quella gente, e portai la mano tra di loro. Mi infilai per quanto potessi e con estrema difficoltà un dito nel culo mentre con l’altra mano continuavo a pastrugnarmi la figa a quel punto ebbi un orgasmo formidabile. Sapevo che davanti a me anche se in quel momento i maschi si stavano segando e sentì anche dei gemiti inconfondibili quale segno inequivocabile che stavano venendo. Mi girai a guardarli, ero ansimante, sudata. La testa mi girava l’orgasmo che avevo avuto si faceva ancora sentire dentro di me. In quel momento era la cagna con attorno un branco di maschi infoiati e battei mio suocero in fatto di oscenità, se lui mi aveva mostrato illuminandomi a tratti per la prima volta si sentì la mia voce. In quel momento era una voce che faceva da padrona perché, a distanza di tempo non so neanche io come lo dissi. Ci fu rivolto a quelle ombre un perentorio “Sborrate voglio vedere i vostri filamenti finire sul pavimento, avanti godete.” Lo fecero almeno in quattro come impazziti si segarono davanti a me facendo cadere sul pavimento il loro piacere che io calpestai con quei tacchi vertiginosi che indossavo. Quello fu l’ultimo atto o scena di cosa accadde in quella sala per pellicole a luci rosse. Mi strinsi il vestito come stranita quasi fossi rientrata in me. Un brivido, un commento…” Ritornate e cercate di avvertirci”  Poi mio suocero mi poggiò la mano sulla spalla tirandomi a lui quasi abbracciandomi. E mi diede un bacio. Con quel bacio mentre cercavo di abbottonarmi alla meno peggio fummo fuori. Non era ancora l’una del pomeriggio e lui come se niente fosse­: “Ora andiamo a casa a prendere Martina, tu dai un occhiata a tuo figlio e usciamo a pranzo tutti e tre. Bisogna festeggiare mia nuora per la prima volta entrata in una sala a luci rosse”.