Il viaggio di Giorgia verso casa avvenne tra mille pensieri, si sentiva eccitata come non mai, quel pompino che gli aveva fatto l’aveva fatta andare su di giri e in quel momento la sua figa reclamava carne di maschio. Carne pulsante, voglia di sentirla vibrare dentro di lei, ma non nella sua bocca, nel suo ventre la voleva li. Per un momento in quell’autorimessa del supermercato avrebbe voluta essere presa da lui. Lo sapeva, la tentazione, calarsi i pantaloni e il perizoma che indossava sotto con un’unica mossa e mostrargli il culo. Culo o figa, avrebbe scelto lui, Si sarebbe abbassata sul bagagliaio aperto in modo che non la vedessero o che li vedessero pure. Invece non era successo, lui era venuto nella sua bocca e poi dopo una serie di baci furiosi durante i quali gli aveva dato il suo seme da sentire si erano calmati. Ora lui se ne era andato. In auto pensava a quella frase, la voleva sexy, si era vero si sarebbe vestita per lui in qualunque maniera avesse voluto. Al cinema con quell’uomo si era divertita e le era sembrato di impazzire quando si era vista circondata da maschi con il cazzo in mano che si segavano guardandola. Cosa si sarebbe potuta mettere? Suo marito non doveva accorgersi di una simile vestizione e allora ebbe un’idea. Idea che le venne mentre si sfiorava le grandi labbra. In auto si era aperta la zip dei Jeans che indossava, guidava, teneva il vilante con una mano solo mentre le dita dell’altra si erano infilate dentro di lei, riusciva a stuzzicarsi appena, ma le sensazioni che percepiva erano uniche. Arrivò a casa, Tolse le borse dal bagagliaio e si diresse verso l’ascensore. Le tremavano le gambe, si sentiva stanca ma nonostante tutto era ancora vogliosa. Sulla porta dell’ascensore l’aspettava il marito che le prese le borse mentre lei scendeva di nuovo per prendere i vestiti che aveva ritirato in pulitura a secco. Finalmente era dentro, i traslochi dall’auto erano finiti. Suo marito la guardava con aria perplessa, si era accorto che sotto il giubbotto un paio i bottoni della camicetta che indossava si erano aperti presentando ai suoi occhi una scollatura degna di una voragine. Lei si accorse e “Il trambusto dello scarico mi ha fatto saltare anche i bottoni, la prossima volta andiamo tutti e tre assieme a fare la spesa! E mi scappa anche la pipì” Così dicendo si diresse come un lampo in bagno chiudendo la porta alle sue spalle. Si guardò allo specchio, effettivamente suo marito non aveva tutti i torti con l’occhiata che le aveva dato. Una scollatura a precipizio e un paio di occhiaie le incorniciavano il suo viso che era tirato. Si accorse anche che suo suocero nella foga di quel pompino le aveva lasciato un regalo tra i capelli che ormai si stava disseccando. Si dette così una rassettata, si passò con la spazzola e a scanso di equivoci si lavò i denti facendo un bello sciacquo di collutorio per finire. Dopo di che ritornò in cucina con una espressione cambiata. Misero assieme la spesa in frigorifero, lo fece lei, il marito aveva l’erede tra le braccia. Erede che vedendola le faceva i sorrisoni. Tutto sommato in lei vedeva oltre che la sua mamma una fonte di sostentamento. Cenarono in tranquillità parlando del pranzo per l’indomani. Tra un momento avrebbero messo il marmocchio a nanna e avrebbero avuto tempo per loro. Dopo la poppata il bambino ciondolava e quasi completamente addormentato lo mise a letto il suo lui. Ora gli voleva fare una sorpresa, mentre lui era in camera con il bambino lei andò in camera e tirò fuori dal cassetto delle meraviglie come lo chiamavano loro un pigiama di cui decise di mettersi solo la parte alta. Sembrava una sottoveste nera, ma aveva delle trasparenze che avrebbero portato un santo sulla via del peccato della carne. Non indossò reggiseno, così che si vedesse bene l’inizio dei suoi seni messo in risalto da un merletto di ricamo bianco. Le stava benissimo. Fu sul dubbio di aggiungere ancora il perizoma ma poi lasciò perdere, lo voleva tramortire. Lui nel frattempo aveva messo a dormire il bambino. Sapevo che voleva vedere un po’ di televisione per rilassarsi. Il soggiorno era in penombra con un’unica luce accesa sul tavolinetto accanto il divano e poi naturalmente la luce che veniva dal televisore. Mi presentai così a lui, ero scalza, Niente ciabattine con il tacco e lui rimase a bocca aperta. Feci un corsetta e fui vicino a lui appiccicandomi come sa fare solo un gatto. Ero perfida mi sentivo perfida mi piacevo e lo volevo tutto per me, Infilai la mia testa sotto la sua spalla e quasi strofinandomi a lui con il resto del corpo allungai la mano mentre le mie labbra cercavano le sue.  Fu un bacio tenero tenero, non aveva niente a che fare con quello di suo padre, era un altro tipo di amore, se amore con suo padre si poteva chiamare. Doveva rimanere a livello di avventura e niente altro, ci dovevo riuscire anche se quell’uomo mi affascinava come non mai. Ci baciammo con passione e lui bisbigliandomi parole dolci come il miele “A che devo questo tuo slancio di voglia, sei divinamente femmina e i tuoi seni gonfi di latte ti valorizzano anche se tu come mi hai detto ti senti solo una fattrice da latte, oggi hai intenzione di farmi fare gli straordinari in fatto di sesso.” Con quelle parole anche le sue mani si dettero da fare sul mio corpo facendomi provare brividi su brividi. Annuì con la testa, lo volevo, lo volevo quasi per farmi perdonare per quello che avevo fatto neanche un paio di ore prima, sembrava che nel mio subconscio volessi proprio farmi perdonare. Nel frattempo tra baci e palpate uniti a quelle parole da parte sua ero riuscita a tirargli fuori il cazzo dai pantaloni. Lo massaggiavo lentamente come mi massaggiavano le sue mani che erano andate li tra le mie gambe. Quei brividi, quella voglia. Lampi di pensieri sul cazzo di suo padre mi apparivano in testa ma in quel momento abbassai io la testa. Iniziai a succhiarlo. Lo volevo duro, rigido per fare uno spegni candela da come lui si trovava tranquillamente seduto sul divano non volevo che si spostasse. In quel momento ero eccitata quasi fuori di me. Lui non lo sapeva di quello che era successo, ora volevo lui. Quasi per dividermi equamente o…per quel gusto di provare padre e figlio.  La cosa mi eccitava terribilmente. Il cazzo di mio marito ormai era diventato duro, mi ero accorta che sotto le mie leccate e succhiate aveva chiuso gli occhi. In quel momento gustava la mia bocca. E in mezzo a quella specie di nirvana in cui lo avevo catapultato, nonostante le sensazioni che provava la sua mano continuava ad accarezzarmi tra le gambe per quanto potesse. Gustavo anch’io quelle sensazioni, mi sentivo fradicia, liquida. Mi spostai e sali sopra di lui. Il suo cazzo era teso e non ci volle niente perché sprofondasse nel mio fiore. Ora Giorgia lo aveva dentro, muoveva lentamente i fianchi per assaporare quella carne svettante e lucida della sua saliva. Lei era un lago, un mare profondo. Non ci volle molto con quel movimento di fianchi che faceva lui non potè resistere a lungo. Data la posizione in cui si era messa appositamente con quel misto di biricchinaggine che la pervadeva si era spostata la scollatura di quel babydoll da notte che indossava piazzando davanti ai suoi occhi i suoi seni gonfi. Lo disse lentamente scandendo le parole…“Succhia, la tua lingua sui miei capezzoli, mi sento una vacca, mi piace. Mordi accarezzami le tette con la lingua” Non se lo fece ripetere due volte. Letteralmente le sue labbra si attaccarono ai suoi seni. In quel momento non gli interessava altro. Sua moglie chiedeva e lui obbediva, piacere solo piacere per la situazione che si era venuta a creare. Le sue mani la presero dietro le spalle facendo in modo che il suo busto aderisse più alla sua bocca. Non seppero mai quanto tempo passarono in quella posizione. Secondi? Forse minuti ma il tempo per loro si era fermato. E ad un certo punto si sentì chiara la voce di suo marito…quel: “Porca non arrivo a trattenermi sto godendo!!!” Quasi un rantolo. Sul volto di Giorgia si dipinse un sorriso ironico, era il suo trionfo. Sentì il suo cazzo duro dentro di me iniziare a vibrare. La sua voce roca, Poi lo sapevo: non riusciva più a trattenersi, il suo lattice bianco e vischioso entrò dentro di me come la furia di una bottiglia di champagne quando scossa per sbaglio viene subito dopo aperta…quello spruzzo formidabile. Quella sua sborra calda mi entrò dentro di me, la sensazione di quel colare in me con la furia di un’esplosione e poi il suo scivolare fuori lungo le sue palle, Sapevo che il divano e i suoi pantaloni sarebbero rimasti inzaccherati ma il piacere che provavo in quel momento era mio e indescrivibile. E non mi interessava minimamente di eventuali macchie. Ci fermammo ansanti i nostri corpi aderivano. Le mie mani gli avevano aperto la camicia e le mie unghie nella furia della voglia gli avevano graffiato il petto. Mi sentivo quasi come un demone che cercava il piacere e il piacere lo avevo raggiunto. Se lui era venuto, nello stesso tempo quell’esplosione di voglia e quel trionfo dei sensi era arrivato anche nella mia testa. Il ciclone che era partito dal mio ventre ora dilagava dentro il mio corpo. Lo volevo, lo volevo ancora anche se lui non ce la faceva più eravamo ebbri di voglia e se a lui ormai bastava, la mia figa reclamava ancora di essere riempita. E allora come un’ubriaca che non ce la fa a stare in piedi scivolai dal suo corpo sul tappeto del nostro soggiorno. In quella posizione ero difronte a lui e mi presentavo completamente distesa con le gambe aperte. Il mio “Guardami, godi ancora, guarda la tua cagna” Lo fece andare letteralmente fuori di testa. Tirai su le gambe poggiando bene i piedi in modo di aprirmi di più. Avevo così le ginocchia piegate e mi iniziai a toccare. Le mie dita iniziarono a entrare ed uscire dalla mia figa facendo colare quel brodo di piacere mio e suo che si era ormai mischiato. Le mie cosce……. il loro interno erano viscide e i miei seni non erano rientrati ma erano ancora ben esposti con rivoli lucidi del mio latte che lui aveva succhiato con avidità. Godetti ancora di un piacere particolare il mio piacere era vederlo eccitato quasi fuori di testa, Mi guardava affascinato e la sua mano per quanto potesse si menava il cazzo esausto che si ritrovava. Ora ero in pace con me stessa, il piacere che mi aveva pervaso, la voglia di godere si era calmata. Rimanemmo li a guardarci ancora persi in quella specie di nirvana quando sentimmo il nostro erede frignare. Ci mettemmo a ridere, tutto sommato ci aveva graziati tutti e due, aveva aspettato che finissimo le nostre grandi manovre. Giorgia e suo marito si alzarono traballanti, e se lui si diresse in bagno per darsi una rinfrescata lei andò nella camera dell’erede prendendoselo tra le braccia. Non cessava di frignottare anche se in braccio a lei. Così prese la decisione di portarselo nel lettone. Neanche lei stava più in piedi per la stanchezza della giornata e per quella girandola di orgasmi che aveva avuto. Così che quando arrivò suo marito vedendoli ormai dormire beatamente tutti e due decise di andare a dormire nella stanza degli ospiti. L’indomani sapeva che sarebbero stati a pranzo dai suoi e avrebbero discusso del periodo in cui Giorgia doveva fermarsi all’estero. In pratica si chiedeva il loro aiuto per aiutare sua moglie nella prima sistemazione fino a quando le cose non si sarebbero andate a regime. Domenica, la classica Domenica in cui si va a pranzo dai genitori, e si puo dormire ancora un po’ ma….Non avevano fatto i conti con loro figlio. Li aveva già divisi quella notte conquistandosi il posto del papà a letto e visto che era un giorno festivo decise di dare la sveglia a tutta la casa quasi alle sette del mattino. Giorgia non gli volle dar retta e mentre il marito preparava la colazione se lo attaccò al seno rimanendo a poltrire ancora un po’ tra le coperte. I pensieri correvano, era sicura che suo suocero avrebbe accettato la loro proposta, mentre l’osso duro ne era certa sarebbe stata la suocera. La madre di lui, quella donna continuava a non capirla.  E poi suo suocero, il rapporto che aveva con lui. Quell’uomo la affascinava, era un porco di prima categoria e quella sua battuta fatta nel posteggio dell’Adigeo, sul vestirsi “Sexy” l’aveva tramortita. Non sapeva come fare, non poteva presentarsi dai suoi con gonna e autoreggenti. La suocera aveva uno sguardo molto lungo e lei poi si era sempre dimostrata una persona pratica. Da quando aveva avuto il bambino girava in pantaloni o fuseaux con grandi maglioni. Il giorno che era andata all’Adigeo, aveva indossato una camicetta al posto del maglione ma niente di più. Arrivò il marito, era contento, si godette il bambino mentre lei andava a cambiarsi, E decise: pantaloni, anche se lui aveva chiesto una gonna con reggicalze, non poteva dargli il gusto. Sapeva che in quel caso le avrebbe messo le mani addosso di nascosto. E lei si conosceva, avrebbe accettato tutto con piacere. Furono pronti. Un breve viaggio in macchina questione di una decina di minuti traffico permettendo. La casa dei suoi genitori era in via Diaz, vicino a Riva San Lorenzo. Dalle loro finestre si poteva vedere lo scorrere placido dell’Adige e anche se erano in zona a traffico limitato la macchina di suo marito aveva il telecomando per le colonnine come la sua. La casa era una casa d’epoca molto grande, con soffitti discretamente alti rispetto all’appartamento dove vivevano loro. Arrivati dopo quella specie di viaggio perché si erano portati dietro anche il borsone con pannolini e un vestitino di ricambio per il marmocchio e dopo i baci e abbracci per tutti, si sedettero in soggiorno. La tavola era già imbandita la signora che preparava il pranzo era a buon punto e così mentre la nonna si spupazzava l’erede chiacchierando con il figlio. Il padre di lui invitò Giorgia ad accompagnarlo a prendere in cantina il vino. Era appassionato per i buoni vini e come diceva lui aveva un’ottima cantinetta ad uso personale e della famiglia. Cantina che lei non aveva mai visto. Non lo dava a vedere, ma mi mangiava letteralmente con gli occhi, portavo un paio di pantaloni aderenti che mettevano in risalto il mio fondoschiena e una camicetta. Sotto mi ero messa un coordinato “La perla” di colore rosa, anche se avevo i seni ancora pieni di latte per un giorno me ne sarei infischiata di eventuali macchie. Non mi sentivo di fare la mucca da latte volevo essere donna. Scendemmo, il corridoio delle cantine aveva un’illuminazione fioca, sembrava fossimo arrivati nelle catacombe. Non c’era nessuno e lui mi prese sottobraccio. Mi chiese quasi a bruciapelo perché non avessi messo la gonna e per tutta risposta strisciandomi un attimo a lui…” Guarda il reggiseno” e così dicendo mostrai la mia scollatura ornata da quell’intimo.