Follia. Incubo che si agitava nella sua mente e che la faceva fremere in quella gabbia. Si mosse leggermente, un movimento inconscio dato da quel sogno che si dipanava come una matassa nei suoi pensieri. Scivolava lentamente quell’incubo dentro di lei, come un olio denso che si insinua tra le rocce riuscendo ad entrare nei più minuscoli anfratti. Così che quel simulacro di Priapo fatto di mogano reso lucido dal liquido con cui era stato unto diventa di carne viva e pulsante di un colore indefinito con le vene violacee in rilievo. Carne di maschio tutta per lei perché le entri dentro…. La dilati, la apra… Ora per lei esiste solo la cosa che vede. Non le interessa altro la vuole sentire in lei e basta. La vuole sentire tremare, pulsare…. Vuole essere riempita dal suo nettare bianco e vischioso. Si vide come stando dal di fuori quella carne lucida dilatarle le grandi labbra per entrarle nel corpo. Sapeva che erano le sue che era lei che assorbiva tutto nella ricerca di un piacere estremo….
Si vivere esclusivamente per il piacere e cibarsi di piacere. Essere perennemente in quello stato di eccitazione. Nella gabbia, come un animale, tirata fuori dalla gabbia e rimessa dentro. Quasi senza forza ma a disposizione dei maschi e sentirli godere dentro di lei e sul suo corpo. Era letteralmente ubriaca di sensazioni, poi un lampo, il lento risveglio.
Una donna la sta osservando, una donna completamente vestita, portava una splendida mini mozzafiato che metteva in risalto un paio di gambe lunghissime. Quella gonna corta, oltre che mettere in risalto le gambe nello stesso tempo le modellava i fianchi mettendo in risalto un mandolino pressoché perfetto, senza contare poi una maglietta con le maniche corte con una leggera scollatura che faceva tirare gli occhi per i seni voluminosi che copriva lasciando vedere il segno dei capezzoli turgidi sotto quel cotone. E l’effetto era dirompente. Eliana si vergognava lei completamente nuda, sapeva di essere impresentabile, la sbornia di follia e di sesso le è quasi passata, si sente esausta ora vuole andare a casa, cerca di coprirsi per quello che può, mentre l’altra donna la analizza con aria da intenditrice, non vede la professoressa ma esclusivamente un animale da accoppiamento, la ha vista all’opera e ha visto come ad un certo punto si perde nel piacere, l’attimo del non ritorno quando superate le ultime barriere incita i maschia a trafiggerla e a riempirla rendendosi quasi irriconoscibile; non più la professoressa inappuntabile ma solo un buco. Eliana così viene tirata fuori, la donna osserva il suo bel corpo quasi se la mangia con gli occhi, l’ha vista all’opera e non arriva a capacitarsi come i maschi ad un certo punto quasi come impazziti le siano saltati addosso, l’esamina accuratamente fa scorrere la mano sulla sua schiena quasi come si sente un animale se ha i muscoli tonici, poi con un sorriso ironico fa scivolare quella mano sotto il suo ventre
“Vediamo la puttana che è in te e che è tanto decantata.”
Lo dice ad alta voce, la professoressa quasi si immobilizza sentendo quella voce roca e quei termini che si imprimono a fuoco dentro di lei…” la puttana che è in te”, era vero si sentiva troia e puttana era come trasformata e così quella mano dopo un attimo di esitazione le va a palparle la farfalla ancora fradicia e attaccaticcia per tutto quello che ha fatto durante la notte. Le dita scorrono sulle sue ninfe provocandole brividi strani, si immobilizza e quasi sopra pensiero cerca di allargare le gambe quasi voler facilitare quelle dita a palparla più a fondo e quelle dita entrano in lei, scorrono nella sua figa mentre le sue grandi labbra quasi cercano di rallentarle per assaporare quell’attimo in cui si sente piena.
” Sei proprio una cagna in calore, sembri fatta esclusivamente per il sesso, lui ha proprio ragione, quando ti senti qualche cosa in figa non capisci più niente”
Eliana si vergognò, ma quella mano la stava sconvolgendo, brividi su brividi mugolò scuotendo la testa leggermente e da sotto quella chioma di capelli sciolti ancora impiastricciati da macchie chiare di maschio ormai secche ci fu un “ ancora….ancora…” la donna fu contenta, la puttana prometteva bene; poi la fece uscire fuori completamente dalla gabbia e costringendola sempre a quattro zampe le accarezzò le natiche infilandole brutalmente l’indice nel culo….
” Sei sfondata, ormai di cazzi ne puoi prendere, non misure grosse ma siamo sulla buona strada “
Sembrava quasi volesse soppesare la sua muscolatura, e le soppesava anche il buco del culo, voleva sentire quanto fosse in grado di dilatarsi……Eliana prese paura, aveva parlato di cazzi normali ma che cosa intendeva con l’altra parte della frase quando aveva nominato cazzi grossi, durante la notte era stata impalata più e più volte, lei che scuoteva la testa quando suo marito cercava di metterglielo nel culo, invece in quelle circostanze lo aveva presentato a tutti allargandosi le natiche incitandoli ad essere sfondata li…..poi quella mano fu ancora sotto di lei, quelle mani furono sulle sue tette che penzolavano in maniera oscena la donna se la mangiava con gli occhi …
” Una cagna simile sarebbe uno spreco darla solo in pasto ai maschi, ci sarebbe più di una donna che si divertirebbe ben bene con una come te. “
La considerava già merce di scambio che non aveva nessuna voce in capitolo, lei avrebbe voluto controbattere, era sposta, aveva una bambina piccola e invece taceva, si faceva rabbia , quelle parole per lei erano dei veri e propri insulti che nonostante tutto le piacevano, essere solo un buco e niente altro. Finalmente fu fuori della gabbia e la fece alzare in piedi, le girò leggermente la testa, si sentiva ancora ubriaca, era come svuotata di tutto; si appoggiò all’intelaiatura di ferro mentre l’altra aspettava, ci fu uno
“ Spicciati, ti hanno solo scopata, non ti hanno fatto altro, basta fare scena”
Era vero ma il piacere dato dalla forzatura da quella sorta di maltrattamento cui era stata sottoposta durante l’uscita dalla sua…si chiamiamola prigione l’aveva fatta eccitare e godere in una maniera fuori del comune. Un effetto una cosa che non aveva mai provato e che era esplosa nella sua testa. Stanca, si poggiò alla gabbia prese fiato e poi passo dopo passo seguì la donna che la invitava. Una porta e poi furono fuori, quella porta dava su uno splendido prato tagliato all’inglese, sembrava quasi il tappeto verde di un campo da golf, stava albeggiando, la notte era ormai passata, con tutto quello che era successo aveva perso la nozione del tempo, non sapeva neanche che giorno fosse e come fu avvolta dall’aria fresca di quel mattino lo stimolo di andare in bagno si fece sentire impellente; cercò di dirlo, ma le parole le morirono in gola, la donna le fece cenno anzi lo disse quasi scandendo le sillabe….
” Sei la cagna di lui e lui ti vuole a quattro zampe, se devi fare i tuoi bisogni hai un prato a tua disposizione, su puttanella che non sei altro piscia tirando su la zampa come i cani spicciati”
Un tuffo al cuore, a Eliana venne quasi un accidente sentendo quelle parole e nello stesso tempo ebbero un effetto stranissimo dentro di lei, si eccitò …si eccitò come nei suoi sogni, essere paragonata a un animale e da bestia in calore da come si era comportata tutta la notte, passato il primo momento di smarrimento in quella grande sala aveva cercato i cazzi e li aveva incitati a prenderla in tutte le posizioni e sopratutto in maniera brutale, si le piaceva da matti essere sbattuta e usata come un buco. Ora era realmente considerata un animale e come un animale si mise a quattro zampe la donna si mise al suo fianco quasi per controllarla e poi ci fu il “piscia cagna”
– Quel termine, l’aria della mattina, la dovevo fare e ora ero li nuda, completamente nuda con figa e culo ancora doloranti per tutto quello che avevo passato, il mio corpo con ancora macchie di sperma ormai disseccato mi facevo schifo, ma l’essere trattata così mi piaceva. Quella donna al mio fianco aveva un profumo che sapeva di paciuli, un profumo forte molti intenso e dolciastro, avevo già i brividi e senza neanche protestare fui in ginocchio e poi a quattro zampe. Ero un animale e niente altro, come voleva lei, come voleva lui il mio padrone; l’erba bagnata mi strofinò le ginocchia e i palmi delle mani, non avevo il coraggio mi sentivo rossa in volto, li in pubblico , paragonata a una bestia e …la bestia che ero alzò la gamba nel tentativo di pisciare, cercai di farla, mi vergognavo anche se con quello che avevo passato non avrei dovuto, mi concentrai spinsi, i miei muscoli si contrassero e con mia grande vergogna feci anche un rumore osceno, il culo non lo riuscivo a controllare. Avevo alzato gli occhi e vidi lui che ci stava raggiungendo , indossava un vestito scuro misto seta perchè leggermente lucido, aveva la giacca slacciata su una camicia aperta al primo bottone, dai lati del colletto gli penzolavano i lembi della farfalla che aveva portato e che ora era slacciata , sorrideva guardandoci , le sue due donne, sicuramente quella “la padrona” che mi accompagna per fare i miei bisogni e io “la sua cagna” ; mi sentì letteralmente una sua schiava. Si avvicinò così a noi, era sorridente ….
– ” Oh la mia professoressa, vedo che si sta abituando al suo stato….su Eliana falla qua e subito così ti porto a casa, ormai siamo tardi, non ho voglia che ci siano dei disguidi, dobbiamo ancora divertirci e poi hai una bambina piccola e un marito che non devono sapere che razza di donna sei”
– Mi stava insultando a suo modo, mi aveva in pugno e io la feci, pisciai alzando la gamba e lui continuò tranquillo.
– “Vedi basta concentrasi e poi devi solo obbedire, obbedire ai miei ordini e a gli ordini di chi ti potrò cedere; dobbiamo fare una chiacchierata, ti voglio a mia disposizione, da quello che ho potuto vedere a te piace scopare e essere letteralmente sbattuta, vedrai che ti farò divertire”
– con quelle parole il porco allungò un mocassino da sera che sembrava quasi laccato tanto era lucido ” Vedi di leccare tutto e pulirlo, ti devi strofinare sulla mia scarpa come fanno i cani in calore”
– Era troppo, no, non potevo, cercai di dire di no; ero un essere umano, ma non avevo ancora proferito sillaba che la mano della donna che mi accompagnava si poggiò sulla mia nuca e mi spinse in basso….quel…” Lecca cagna …lecca la scarpa del padrone” fu quasi sibilato, se avesse avuto un frustino in mano lo avrebbe adoperato ne sono sicura, un frustino che avrei imparato a conoscere e che quasi amai per le scosse elettriche che era capace di darmi, ma andiamo con calma. Mi facevo ribrezzo, cercai di impuntarmi ma non ce la feci e alla fine…le mie labbra furono sul cuoio….