Un attimo indietro: a questo punto non potevo…Ormai avevo passeggiato in mezzo a quel locale, e mi stavo letteralmente sputtanando, mi sentivo sporca, ma facendo quei pochi metri che ci separavano dal bancone l’adrenalina mi era salita a mille. Io la professoressa con il culo e la figa in vista e il culo era tappato, mi aveva costretto a mostrarmi e non sapevo se quei tampax che mi ero infilata per sigillarmi si potessero vedere. Giunsi così al bancone, quel bancone era poggiato su una specie di gabbia della quale avevo perfettamente capito l’uso; e quello che mi preoccupava era che in quel momento era vuota. Chiesi così di mandare le ordinazioni uguali a quelle che avevano portato nel nostro angolo. Al bancone ormai sapevo di essere in piena luce. Se con quella passeggiata che avevo fatto per arrivare fin li ero stata nella semi penombra di quel locale ora ero in vista. Esposta allo sguardo di tutti. Il primo fu un avventore che si veniva a trovare al mio fianco: emise un fischio di ammirazione accorgendosi che avevo tutto in vista. Mi sentì morire, dovevo essere rossa in volto. Poi fece una richiesta al cameriere dietro al banco, chiedendo se poteva allungare le mani sul mio corpo. E questi per tutta risposta dopo aver guardato verso l’angolo dove lui e gli altri erano rimasti seduti:
“Credo sia un esibizionista arrivata con un vecchio cliente del locale, molto probabilmente non aspetta altro, vero signora?”
Le ultime parole della frase furono rivolte a me, potevo dire di no, invece ebbe il sopravvento la mia troiaggine, quella mia voglia di essere umiliata e trattata come un buco. Figa e culo erano in vista e tra un momento con quella frase il cliente avrebbe potuto allungare le mani. E lo fece erano mani sudaticce che prima mi sfiorarono guardinghe, poi affondarono palpandomi. Quelle dita entrarono nella mia figa facendomi mugolare di piacere.
In quel momento capì che lui aveva vinto era riuscito a tirare fuori il peggio di me. Ora lo sapevo, avrei convinto mio marito a tatuarmi per mostrare a tutti quello che ero diventata. Guardai quell’uomo che aveva fatto il commento, mi girai verso di lui, non lo feci solo con il busto ma con tutta la figura e feci in modo che vedesse bene perché allargai leggermente le gambe. In quella maniera la mia figa era ben in vista ed era a portata delle sue mani, mani che lavoravano già su di me, ma mi volli umiliare ancora di più.
“Toccami pure, sono eccitata, sono la schiava di quella persona seduta la in fondo con dei conoscenti che ci stanno guardando”
Obbedivo, anche se lui non mi aveva detto niente, sapevo però che lui voleva così. La sua volontà mi stava stritolando. Sul volto del maschio davanti a me apparve un leggero sorriso e sentì la sua mano sfiorarmi con più presa. Quel brivido che mi diede fu unico un brivido che partì dal mio ventre e che si sciolse in tutto il mio corpo facendomi fremere. Le sue dita furono sulla mia figa sentì che toccava il bottoncino; il porco sapeva il fatto suo, poi l’attimo di esitazione e entrò risoluto dentro di me. Era troppo dalla mia bocca uscì un gemito, quasi un guaito da cagna in calore. Tutto questo a lui non bastava perché
“Sei bagnata fradicia, sembra di entrare in un lago, il culo come lo hai?”
Andava per le spicce quasi volesse controllare la merce che stava per acquistare. Mi girai, ormai ero partita, non esisteva più nessuno ovvero esistevano solo quelle mani che soppesavano il mio corpo e che mi potevano dare piacere. Poggiai così un piede sullo scalino alla base del bancone piegandomi leggermente. Gli mostravo il mio culo sfondato con tanto di tappo. Un grido di ammirazione e una frase maligna:
“C’è passato un reggimento, sembra ti abbiano sfondata e continui a volere cazzi, sei un vero animale da monta se racconto quello che ho visto non mi credono”
Era vero, in quel momento ero come trasformata, volevo cazzi e il barman intervenne nel nostro dialogo a senso unico fatto di apprezzamenti e battute volgari.
“Se la figa e il culo sono state adoperate e le fanno schifo potete prendervi la sua bocca, non qui nel locale, dovete uscire nel posteggio qui davanti, tra le auto vi potrà fare un bel servizio”
Quelle parole le disse guardando in fondo alla sala dove lui e le altre tre donne erano comodamente sedute sui divani di quel locale. Era rimasto con Rebecca, la mia collega e l’altra donna che a questo punto vista la sua verve doveva essere la titolare del locale. Ero frastornata, mostravo tutto e ero eccitata, non capivo più niente, i suoni mi arrivavano come attutiti. L’unica cosa certa ormai, e lo sapevo era che bramavo il cazzo di quella persona senza nome che stava davanti a me. Lo volevo nella mia bocca, volevo assaporarlo fino all’ultima goccia del suo piacere. Mi guardò ancora con aria pensierosa:
“Quanto vuoi per un bel servizio?”.
Mi scambiava per una puttana e io meccanicamente senza pensare a possibili conseguenze:
“Cinquanta euro e ti aspiro anche le palle”
Non mi riconoscevo più, la professoressa, madre di famiglia integerrima abituata a portare ai giardinetti con la carrozzella il suo capolavoro come lo chiamava. Ora quella donna perfetta mercanteggiava il prezzo di un servizio da fare con la sua bocca. Mi trovai in mano il denaro, la mia prima marchetta (una lettrice si dovrebbe riconoscere, da quello che so ora è felicemente sposata). Presi i soldi e li feci scomparire dentro la mia camicia. Così con figa e culo all’aria seguì quell’uomo verso l’uscita del locale.
Nel frattempo lui e le altre tre donne avevano assistito a tutta la scena; la padrona: “Ritornerà, quel tipo lo conosco, viene spesso e poi viene alla svelta, ha provato più di una ragazza che lavora qua dentro”
Una frase quasi di circostanza, ma le parole che aveva detto a lui non interessavano perché si gustava con gli occhi Rebecca e conoscendolo subito ci sarebbe stata un’offerta nei suoi riguardi, offerta alla quale Rebecca non poteva dire di no.
“Sembra siamo rimasti senza cameriera vero Rebecca? Credo tu debba andare a prendere l’ordinazione che ha fatto Eliana, su cara alzati e vai. Visto però che la tua ex professoressa ha passeggiato con culo e figa in mostra ho il dubbio che la maglietta che indossi sia di troppo”
Alla ragazza venne un accidente, un tuffo al cuore, in quell’ambiente girare con le tette fuori, quelle tette poi di cui lei ne andava fiera. Lo sapeva, aveva un seno da infarto ma così a freddo una proposta simile non se la sarebbe mai aspettata. Un attimo di paura, non sapeva cosa fare l’unica cosa che capiva era che lei si sarebbe dovuta sfilare la maglietta e girare a torso nudo vestita di soli pantaloni. Lo guardò, sapeva che quella proposta sarebbe stata l’inizio di un gioco perverso. Non ce la faceva, si, era vero aveva partecipato ad un’orgia con la sua ex professoressa e i suoi ex compagni di classe. Ora però era diverso, li non conosceva nessuno e l’unica persona che eventualmente avrebbe potuta aiutarla era scomparsa. Si guardò attorno e in suo aiuto se così si poteva dire. La collega di Eliana:
“Cosa vuoi che sia, si tratta di girare con le tette fuori, lo avrai fatto al mare per abbronzarti bene”.
No, non poteva e invece con un gesto rapidissimo la polo che portava finì sul divano. D’incanto apparvero i suoi magnifici seni, erano pesanti e torniti, una vera festa per gli occhi per qualunque maschio. Prese coraggio e alla fine vestita di soli pantaloni si diresse verso il bancone per prendere l’ordinazione che la sua compagna di giochi aveva fatto un momento prima.
Rebecca. Mi vergognavo, avrei voluto scomparire e invece ero li con i seni al vento, avevo i capezzoli duri che puntavano verso l’alto erano superbi come era superbo il seno di cui andavo fiera. Giunta al bancone ebbi una sorpresa il barman aveva preparato due vassoi e anche un grembiule.
“Devi portare questa ordinazione a quel tavolo, poi ritorni a prendere la tua; ma prima ti metti il grembiule per non macchiarti”
Pia illusione per le macchie, sul grembiule la vidi subito la scritta. “Da palpare” ormai ero in gioco… ma cosa mi stava succedendo.
Ero in un locale e servivo tra i tavoli a petto nudo con un grembiule con sopra la scritta molto esplicita “A disposizione da palpare” non poteva essere eppure ero li, tra un momento ero sicura che gli avventori avrebbero allungato le mani sul mio corpo. Portai così le birre: erano tre maschi con una ragazza. A quel punto mi dovevo chinare, i tavolinetti erano bassi e in quella maniera piegandomi per poggiare il vassoio i miei seni avrebbero fatto bella mostra di loro dondolando leggermente. Mi sentivo eccitata, forse quello sarebbe stato il mio destino, mostrare a tutti la vacca che ero. E le loro mani quando mi piegai non tardarono a toccarmi. Le sentì sulle mie tette scivolare lentamente fino a stuzzicare le punte dei miei capezzoli per non parlare dei commenti volgari nei miei riguardi degni di un bordello d’angiporto. Giocarono con i miei capezzoli provocandomi brividi su brividi; ma tutto questo a loro non bastava perché la ragazza, sicuramente la più viziosa di quel quartetto infilò la mano sotto quel grembiulino stretto in vita. Giocò con i bottoni dei miei Jeans riuscendone a far scattare un paio e infilando poi nello spacco della cerniera che si era aperto un dito. Quelle non erano dita, ma erano tentacoli perché visto che i calzoni erano a vita bassa riuscì non so come a stuzzicarmi il bottoncino. Fu un’esplosione, la mia eccitazione fu al diapason sentivo dentro di me il piacere crescere senza freni e quasi inconsciamente l’agevolai. Lei si accorse e si mise a ridere m’insultò ridendo e dandomi della cagna in calore che voleva essere solo riempita. Era vero, mi sentivo una cagna, se mi avessero in quel momento presentato un cazzo grosso e teso con le vene in rilievo già lucido dell’inizio del suo piacere pronto ad esplodere mi sarei piegata abbassandomi i pantaloni assieme al perizoma chiedendo di essere presa da dietro come si fa tra gli animali. Loro però non avevano finito perché ormai circondata e sovrastata da quelle persone mi fece inginocchiare tra di loro e…ebbero un’idea strana:
“Ora strofinerai la tua bocca sulla patta dei pantaloni del mio ragazzo, lo devi eccitare, voglio vedere il suo cazzo che diventa duro, lo devi preparare per la mia figa”
Eseguì come un automa, in quel momento ero persa. Fu una cosa indescrivibile mi trovai così inginocchiata mentre gli altri erano seduti, l’unico in piedi era il maschio della ragazza che aveva escogitato quel gioco. Mi sovrastava, e senza potessi dire qualche cosa mi prese la testa e iniziò a strofinarla all’altezza del suo ventre. Era già eccitato, sentivo il suo cazzo duro sotto la stoffa mentre i miei seni erano sballottati e schiacciati sulle sue gambe. Mi incitava a leccare quella stoffa quasi mimando un pompino. Non so quanto tempo durò quella specie di pantomina, avevo chiuso gli occhi mi lasciavo trasportare da quelle sensazioni e senza volere quasi inconsciamente furono le mie mani si infilarono sotto il grembiule e andarono a stuzzicare il bottoncino. La cosa passò del tutto inosservata ai maschi ma non alla ragazza che esplose in una sonora risata:
“La cagna si tocca, si sta eccitando anche lei, sembra abbiamo trovato una ninfomane, proprio una troia di prima categoria che vive per i cazzi, la dovremmo invitare alle nostre feste, lo dirò alla padrona del locale , finalmente abbiamo trovato chi usare nella gabbia sotto il bancone
Quelle parole, la situazione in cui mi trovavo pregna di un masochismo perverso mi provocarono un orgasmo fuori dal comune.