I suoi occhi erano lucidi aveva lanciato il dado e ora quello che sarebbe stato non lo sapeva, voleva rischiare, non aveva avuto il suo cazzo in mano e ora……… si anche se l’avrebbero costretta a battere voleva provare, si sarebbe accoppiata con chiunque, ne provava un misto di schifo e di piacere. I suoi occhi erano vogliosi, il suo corpo era sudato, era eccitata all’inverosimile, si masturbo con rabbia, decisa, guardava la sua mano a cuneo nella sua figa, spinse, sforzò , spinse ancora…le sue nocche passarono, dentro fino al polso…..si, si era apperta, squartata , ora voleva cazzi e sapeva che di cazzi ce ne sarebbero stati, con la mano nella figa, in posizione fetale si dava piacere, la muoveva, le ondate come i marosi di un mare in tempesta la frantumavano, sentiva quel piacere perverso che la pervadeva, il fascino del proibito, nuvole confuse correvano nella sua mente e la portavano in luoghi ignoti dove tutto era permesso e lei ne era il centro…un grido rauco come di un animale ferito, venne, venne e venne , esausta era perterra li sul pavimento, assaporava il piacere che si era data e ne voleva ancora, il dolore, quel dolore dato dalla candela, andò in cucina e la prese, candela, quasi un feticcio di cazzo, l’accese e distesa li tenedosela alta si versò addosso le gocce di cera, sui seni , sul corpo le senti pizzicare, quasi morderla, chiuse gli occhi, stava impazzendo, cosa le succedeva….volò la candela sul lavandino con rabbia. Si alzò e corse nella loro camera sul letto che avevano comperato sull’onda del piacere , avevano detto un letto per la nostra lussuria, e ora..ora non più, era come se una luce si fosse spenta e un’altra si fosse accesa.
Era nuda, se ne andò in terrazza a prendere il sole, che la vedessero, la giornata era ancora lunga, sole, sole sulla sua pelle nuda senza costume li in vista che tutti la vedessero la professoressa perfetta. Si distese sulla piccola sdraio, chiuse gli occhi e assaporò quella luce calda e gli sguardi dei vicini, che vedessero pure, anzi allargò le gambe , senti il calore sul suo ventre , li stette immobile per alcune ore, alle volte si alzava, andava a bere e ritornava, girava nuda per casa, Con le finestre aperte che tutti la vedessero, si esibiva per volti anonimi, forse persone che aveva incontrato per la stradsa e che aveva salutato. Vedessero quanto era bella e quanto era troia. Quell’uomo, ora voleva quell’uomo attraente fino al delirio, il suo delirio era perennemente tra le nubi del suo piacere il suo ventre voleva essere riempito…
Mentre questi pensieri le correvano nella testa, il suono del campanello, la sua amica del cuore, corse a mettersi la tunichetta e andò ad aprire. Era la sua amica dei tempi del liceo con cui aveva fatto l’università quell’amica che aveva sentito tutte le sue pene amorose. Le disse che era sola, che suo marito non ci sarebbe stato per dieci giorni, che era arrabbiata con lui, l’altra la guardava strana non capiva quel fiume di parole….
“ Calmati, calmati non esagerare solo dieci giorni…”
“ No non puoi capire”.
Ricordò in appartamento da studentesse le coccole: si, Giulia apprezzava anche le donne e M….lo sapeva, la sua mano corse sulle sue gambe e vide il suo volto confuso mentre si accorgeva che sotto era nuda, il suo corpo era bisognoso di carezze, Giulia fece scivolare le sue dita sulla sua pelle morbida, quelle dita la portarono ad uno stato di estasi quasi a farla svenire, si coccolarono appassionatamnte e tremarono di piacere. Ebbero un mondo tutto loro dove nessuno poteva entrare distese sul letto, continuarono così ad amarsi , perse nelle loro carezze, nella loro nuvola confusa fatta solo di sensazioni e brividi……lei tremò tutta sentendo la sua bocca accarezzarle il bottone del suo ventre, scendere tra le sue ninfe fino all’interno delle sue natiche e cercare di sforzare la sua rosa scura, si aparì le gambe, si allargò di più sentendo quella bocca che la faceva perdere in un nirvana di sensi e sensazioni………..
Cenarono assieme, fecero venire una pizza , poi stettero ancora assieme, Giulia se ne andò. Sulla porta la classica frase, aveva intuito che la sua amica del cuore compagna di studi stava per combinarne una delle sue, la sua impulsività era conosciuta da lei….e così
“ Non fare cretinate………fammi sapere……”
“ Non preoccuparti, forse andrò in montagna per dieci giorni, voglio rimanere da sola, devo prendere delle decisioni, non so come comportarmi ad ogni modo sei la mia migliore amica, ti farò sapere…”
Chiuse quella porta, ora era sola, quasi avesse voluto chiudere un altro capitolo. Sola con i suoi pensieri e dubbi, ma sopratutto con le sue visioni che la facevano ammutolire . Il gusto del proibito e della lussuria che si materializza. Lei era fatta così, ora voleva conoscere quel mondo, fatto di perversioni o di cosa altro, lei si sarebbe trasformata in un oggetto….passò la notte quasi insonne, li sulla terrazza fumando pigramente, osservando l’andirivieni della puttana all’angolo della sua via , la guardava con aria staccata.
Camion delle immondizie, il tempo passava, dette una riordinata alla casa, il letto sapeva del suo profumo misto a quello di Giulia, pensò a quegli attimi alla sua lingua che dava piacere al suo corpo e la scandagliava in tutti i suoi anfratti, Giulia non era un uomo, ma la sua dolcezza e le sue carezze sapevano far fremere il corpo di una donna come il migliore amante…… Prese la borsa, un borsone da portare a tracolla, da usare come bagaglio a mano , ci mise dentro dell’intimo e un paio di Jeans poi scarpe, scarpe da ginnastica e sandali dal tacco stratosferico, sandali che avevano fatto impazzire lui mentre le passeggiava davanti, gli stessi sandali che aveva avuto davanti il video quando si era abbassata e si era allargata il culo con la lasciva di una provetta professionista del sesso. Indossò un maglione di cotone largo che le lasciava scoperta una spalla, una gonna al ginocchio e un paio di scarpe con il tacco alto , chiuse le finestre e prima di uscire si guardò allo specchio. Si, era bella da far girare la testa , dieci giorni di follie e poi la vita sarebbe ritornata sui suoi binari , rischiava. Era come ubriaca di voglia . Finalmente avrebbe conosciuto quell’uomo di cui aveva visto solamente le mani. L’unica persona che conosceva e che avrebbe riconosciuto era quella donna chiusa in quel nero vestito aderente e scuro, le calze nere e le polacchine dal tacco alto, un viso freddo i cui caratteri erano resi ancor più duri dal un taglio a caschetto di quei capelli corvini, era sicuramente una padrona nata, ne ebbe paura . In aeroporto dopo aver posteggiato l’auto si diresse verso il banco del ceckin, si mise in fila e disse il suo nome, le fu consegnato un biglietto di prima classe, lo ebbe in mano, era un prepagato andata e ritorno, con tanto di date , da, a quando il ritorno, tutto era stato programmato. Fu in aereo, il rombo dei motori, lo scossone della partenza e poi lo stacco, l’aereo fece un giro sopra la città e poi su verso nord,dove le giornate erano più lunghe e il sole non riscaldava come nella sua terra del sud. Solo poche ore di volo, uno scalo a Milano, poi di nuovo un altro decollo , tempo che passava , si accorse che contava i minuti, e si stava eccitando, la sua mano corse lentamente sotto la gonna, aprì lo stipetto del sedile in modo che la gente non vedesse, dall’altra parte dell’aereo sentiva gli schiamazzi di una comitiva di italiani salita a Milano , lei si si estraniò da quel brusio e ebbe quella deliziosa confusione che le partiva dal ventre , ebbe brividi tirò su leggermente le gambe e le strinse, strinse anche i pugni, un piccolo fremito, poi si rilasciò tranquilla e chiuse gli occhi. In tempo per sentire l’allacciarsi le cinture, detto in italiano e in quell’orribile lingua “…….anlegen…..” era arrivata.
Ebbe come paura il cuore iniziò a batterle all’impazzata. Solitaria, non vedeva la gente che la circondava era come in trance si guardava attorno con aria quasi smarrita e la vide . Una donna fredda dai lineamenti duri, era vestita di nero, non era marrone come le era sembrato…….era vestita di nero, le calze nere di una trasparenza unica dai riflessi metallici, ai piedi un paio di scarpe basse, non portava tacchi alti, era un tacco medio, ma anche così le slanciavano le gambe e la figura . Si fece avanti e la inquadrò, poi con una voce con una chiarissima inflessione tedesca in italiano si sentì dire…
”Immagino lei sia la professoressa de……M…….., il mio padrone Herr ……..la sta aspettando, la invito a seguirmi ho la macchina che ci porterà alla tenuta, sarà nostra ospite per dieci giorni e se vorrà smettere non ha che da dire questa parola che lei ha scritto al computer”
La disse, rimase a bocca aperta, voleva fare tantissime domande, ma non sapeva da che parte incominciare. L’auto era una grossa mercedes, con tanto di autista, le donne si sedettero dietro e avevano un vetro divisore . La donna si presentò come Frau Inge e dirigeva la casa …le chiese se si era portata il collare, lei rispose di si e glielo diede: l’auto entrò in una magnifica tenuta, doveva essere un allevamento di cavalli da corsa, distinse chiaramente una piccola pista da allenamento e vide le bestie al pascolo, magnifici animali dai muscoli guizzanti…….l’auto proseguì su una strada nella tenuta fino ad arrivare ad una costruzione imponente …ghiaia bianca sul cui riflesso l’auto nera sembrava una gigantesca macchia , dal finestrino vide che c’era della servitù, e altra gente che lavorava. Fu fatta scendere ma prima Inge le mise in mano il collare.
“Questo lo darà lei a Herr….., poi io vi lscerò soli, vi sta spettando nello studio , aspetti l’accompagno e le faccio strada”
Piastrelle lucide su un grande tavolo in entrata un cap con appoggiato un frustino, c’era anche un paio di guanti, provò un brivido di paura, quasi panico, l’altra se ne accorse e sotto voce…
”Vuole smettere di già….? Deve ancora iniziare tutto…..so che le piacerà me lo sento, lei ha l’animo della schiava…….vedrà……..alla fine ne proverà piacere…..”
Fu davanti a quella porta e vide lui, in piedi appoggiato alla scrivania, che l’aspettava, riconobbe lo studio, la luce soffusa quasi sensuale che filtrava dalle tende …l’osservava con un aria ironica…..
”Professoressa de……M….l’immagine del computer non le fa onore, al naturale è ancora più bella si avvicini così la vedo meglio “
Non le diede la mano, riconobbe all’anulare l’anello che aveva visto..sentiva il tappeto sotto le sue scarpe, era un tappeto soffice in cui quasi si affondava, l’altra donna era rimasta sulla porta e taceva. “Vada pure la chiamerò dopo per far fare un giro della tenuta alla nostra ospite.”
La sua accompagnatrice si eclissò, rimasero soli, ci fu un attimo di silenzio poi le sue parole taglienti, parlava senza quasi inflessioni…..
“ Ora si spogli è un ordine”
Continua